Bregnano, ricordato il carabiniere-eroe Dubini
BREGNANO – Si è svolta nel corso della mattinata di oggi la cerimonia di commemorazione dell’eccidio dei carabinieri della stazione Napoli Porto del 13 settembre 1943, che vide coinvolti, tra i 14 militari che furono trucidati con colpi di mitragliatrice, la medaglia d’argento al valor militare Domenico Dubini, originario di Bregnano, a cui è dedicata la medesima via del concentrico presso il quale, lo scorso 25 aprile, è stato inaugurato un cippo commemorativo a Lui dedicato. La località prescelta, ovviamente, non poteva che essere Bregnano, nella zona antistante il sopra-indicato monumento, cerimonia alla quale hanno partecipato i familiari del valoroso militare, le autorità militari e civili della provincia, quali il comandante provinciale dei carabinieri, colonnello Andrea Torzani; il qestore di Como Giuseppe De Angelis, i sindaci di Bregnano e Appiano Gentile (Elena Daddi e Gianni Clerici), i comandanti della Compagnia di Cantù, capitano Francesco Coratti, e della stazione di Cermenate, luogotenente Paolo Gemelli, di rappresentanze delle varie sezioni dell’Associazione nazionale carabinieri (dirette dal coordinatore provinciale Carlo Colombo) e della polizia locale. Momento di assoluta commozione, che ha raggiunto l’apice con il momento della deposizione della corona alla memoria. Analoga cerimonia è stata celebrata, nel corso della medesima mattinata, anche a Napoli, teatro del tragico evento.
Il carabiniere Domenico Dubini, a cui è dedicata una via del Comune di Bregnano, suo paese d’origine, immolò la sua vita, unitamente ai suoi commilitoni, per assolvere con coraggio al suo dovere e non venir meno al giuramento prestato. Oggi, quindi, è stato rivolto un pensiero alla memoria di tutti i carabinieri che, animati da altissimo senso del dovere, hanno visto sacrificata la propria vita al servizio dell’Italia. Tra le vicende della resistenza, una sicuramente fondamentale per le sorti future del conflitto, ritenuta anzi da alcuni studiosi la prima azione in assoluto della Resistenza italiana, fu quella che, partita da Napoli il 12 settembre del ‘43, si concluse tragicamente, il giorno dopo, con l’eccidio di 14 carabinieri, nell’agro aversano, a Teverola. Era accaduto che le truppe naziste stanziate in Campania, alla notizia dell’armistizio, giunta quasi inattesa nel tardo pomeriggio dell’8 settembre ‘43, dopo un iniziale momento di disorientamento, già la sera stessa avevano dato corso ad una serie di violente azioni di rappresaglia. Azioni che si erano rafforzate nei giorni successivi, subito dopo che il comando tedesco aveva ordinato alle truppe in ritirata di razziare alla popolazione civile le derrate alimentari e il bestiame, oltre che distruggere tutto quanto potesse essere utile agli anglo-americani dati in procinto di sbarcare a Salerno: dalle strade alle linee ferroviarie, dai sistemi di comunicazione postali, telegrafici e radiofonici alle industrie belliche.
In questo contesto i quattordici carabinieri si erano resi responsabili, agli occhi dei nazisti, di aver difeso il palazzo dei telefoni, pregiudicando così le comunicazioni nel momento in cui, essendo prossimo lo sbarco degli alleati, i collegamenti erano diventati fondamentali per contrastarlo e organizzare la difesa. Costretti da alcuni contingenti della divisione corazzata Goering a barricarsi nella loro caserma di Napoli Porto, i carabinieri avevano opposto una strenua resistenza agli assedianti, arrendendosi, al termine di una lunga giornata di combattimenti, solo per la schiacciante superiorità numerica degli avversari e per l’esaurirsi delle munizioni. Il giorno successivo, dopo essere stati obbligati a raggiungere con un’estenuante marcia a piedi Teverola, i militari erano stati barbaramente passati per le armi in località Madama Vincenza, ai margini di un campo di concentramento. Un altro migliaio di persone lungo la strada da Napoli a Teverola, poi liberate, erano stati appositamente trattenuti per scavare la fossa e dare sepoltura ai fucilati. Però ai poveretti, stremati dalla lunga marcia, erano mancate le forze fisiche, e il pietoso compito fu affidato, perciò, a tre contadini del luogo. Per il suo sacrificio, a conflitto terminato, Domenico Dubini e gli altri commilitoni saranno insigniti della medaglia d’argento al valore militare con la seguente motivazione:
“In periodo di eccezionali eventi bellici seguiti all’armistizio, preposto con gli altri militari della sua stazione alla difesa di importante centrale telefonica, assolveva coraggiosamente il suo dovere opponendosi al tentativo di occupazione e di devastazione da parte delle truppe tedesche. Catturato per rappresaglie e condannato a morte con i suoi compagni, affrontava con ammirevole stoicismo il plotone di esecuzione. Nobile esempio di virtù militari e di consapevole sacrificio”. Rimasto lungamente misconosciuto nel dopoguerra, l’episodio trovò spazio sulla stampa locale e su qualche quotidiano nazionale, solamente a partire dal 1983, in occasione dello scoprimento di un monumento a Teverola.
Di seguito i 14 Carabinieri che persero la vita: il carabiniere Domenico Dubini, il brigadiere Giuseppe Lombardi, l’appuntato Emilio Immaturo, i carabinieri Ciro Alvino, Antonio Carbone, Giuseppe Covino, Michele Covino, Nicola Cusatis, Domenico Franco, Aldo Lazzaroni, Emilio Scala, Giuseppe Manzo Martino, Giuseppe Pagliuca, Giuseppe Ricca e Giovanni Russo.
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13092018