Terza puntata: la spesa nel luglio senza plastica
SARONNO – Ecco il terzo intervento della sfida della saronnese Monica Casalina di vivere un mese, quello di luglio, senza plastica.
Alla fine di questa seconda settimana mi rendo conto che la mole di plastica di cui bisogna fare a meno è davvero, davvero enorme.
Sono andata a fare la spesa…
Anche se l’obiettivo principale è quello di fare a meno di buste della spesa, bottiglie di plastica, cannucce e stoviglie usa-e-getta, bisogna tener conto che l’obiettivo secondario è quello di evitare la plastica in generale. Generalmente non ci si fa caso, ma entrando nel supermercato con la consapevolezza di questo impegno ho guardato agli scaffali in maniera totalmente diversa. Anzi, ho guardato al mondo intero in maniera diversa. Mi sono resa conto che la percentuale di prodotti non impacchettai nella plastica è misera: formaggi, salumi, bibite, cereali, biscotti, merendine, patatine, surgelati e da qualche tempo persino il pane e la frutta. E sto parlando solo del settore food… perché il non-food è pure peggio se possibile.
Insomma, cercare di fare a meno di acquistare nuova plastica è davvero una bella sfida. Eppure vi assicuro che è fattibile. Qualcuno nel post precedente ha detto, ad esempio, che tutta la pasta viene venduta nella plastica, ma fortunatamente non è vero: molte aziende la vendono nelle scatole di cartoncino, non solo aziende famose, ma spesso anche quelle locali. Se poi si preferisce la pasta fresca è ancora più semplice perché recandosi direttamente dal pastaio (sì, esistono ancora, insieme alle gastronomie, le norcinerie, il fruttivendolo e il macellaio… termini quasi desueti da quando ci sono gli ipermercati, eh?) si potrà acquistare la pasta fresca sfusa e incartata nella bella carta marrone, quella di una volta.
Stessa cosa dicasi per la frutta, per il pane, i biscotti, ecc… Pensate! Per un mese si può vivere mangiando decisamente meglio, perché si sa, il settore alimentare industriale non è affatto salutare come dicono negli spot pubblicitari; al contrario è scarso di vitamine e di componenti vivi (non crederete che negli yogurt ci sono davvero i fermenti vivi?), mentre abbonda di grassi, zuccheri raffinati, elementi di sintesi, antibiotici e peggio ancora. Non è un segreto che l’introduzione della grande distribuzione alimentare è stata una disgrazia per la qualità del cibo e di conseguenza anche dell’allevamento animale e dello smaltimento dei rifiuti.
Tutti coloro che amano gli snack, le bibite frizzanti, le patatine e il junk food in generale avranno la possibilità di depurarsi per un mese intero, cosa di cui il corpo ringrazierà con l’aumento di energia, voglia di fare, intelletto più svelto e forza fisica. E chissà, magari con un chiletto o due in meno.
Piccolo appunto personale: il cibo è la cosa più diretta che dall’esterno entra nel nostro corpo e produce cambiamenti; introdurre cibo scadente significa influire negativamente sul nostro corpo in modo diretto e profondo, spesso anche in senso psico-fisico, poiché l’umore e lo stato mentale di una persona sono soggetti anche dallo stato fisico. Se il cibo ingerito è di buona qualità, anche la nostra vita tenderà a migliorare, in tutti i sensi.
In conclusione possiamo fare un bel salto di qualità della vita in senso diretto, e non solo indirettamente aiutando l’ambiente. Due piccioni con una fava.
Monica Casalini
16072014
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Commenti
Concordo con Danilo e rilancio: perché anziché continuare a scrivere luoghi comuni sia IL SARONNO che ospita addirittura a puntate tali articoli sulla testata, non si fa promotore, magari
coinvolgendo il COMUNE DI SARONNO di un laboratorio operativo
web ( da inserire sui siti ) o meglio con un paio di incontri pubblici
con addetti ai lavori ( a titolo di volontariato si intende) e Pubblico,
da settembre per fornire informazioni e propaganda davvero efficace e costruttiva atta a formare una base di cultura del packaging per i consumatori saronnesi?
MGP – Saronno
Personalmente trovo questo “esercizio” piuttosto ridicolo e se si volesse attaccarlo con delle basi scientifiche non sarebbe nemmeno difficile “smontarlo” in tutti i sensi (in qualche passaggio lo ha già fatto l’intervento sopra di MGP)
Piuttosto troverei molto più utile educarsi ed educare ad entrare in un supermercato e non soffermarsi semplicemente sulla differenza tra plastica e cartoncino ma fare un ragionamento più complesso ed articolato:
-Ragionando sulla provenienza dei cibi (ad esempio la stessa acqua frizzante pur essendo sempre nella medesima bottiglia ha inquinato molto di più se sono a Milano e compro un’acqua imbottigliata a Roma o a Perugia piuttosto che a Lecco)
-Ragionando sulla natura dei materiali (con plastica andiamo ad indicare genericamente una serie di composti chimici diversissimi uno dall’altro, dal P.E. al P.E.T. che sono totalmente riciclabili al PVC che non lo è ed imparare a leggere queste sigle riportate sugli imballi sarebbe educativo per avere una consapevolezza di ciò che acquistiamo e migliorare il loro corretto conferimento all’interno dei contenitori per la raccolta)
Inviterei Monica a fare qualche passo indietro ed iniziare a fare qualcosa di più costruttivo.
Ennesima carrellata di luoghi comuni: si potrebbe parafrasare che
che è meglio vivere utilizzando solo le candele a cera d’api invece
dell’elettricità perché meno inquinanti ecc. e lavare i panni nel Lura ( tanto c’è lo ionizzatore che lo ha ripulito…)
E’ un approccio completamente sbagliato e demagogico come ho già scritto in un mio precedente post che contribuisce a non sviluppare una reale coscienza ambientale come invece esiste nei paesi nord europei , con attrezzati sistemi di riciclo e risparmio energetico conseguente ed una azione culturale a partire dalla scuola primaria.
A proposito della “bella carta marrone, quella di una volta” invito la Sigra Monica a visitare alcune cartiere in Toscana ( Garfagnana per la precisione, splendida zona anche turistica) per verificare con mano
come viene prodotta la carta citata, quanta energia viene assorbita per la produzione e magari soffermarsi sulle vasche di macerazione
e le quantità di acidi ( = tipo candeggina) che vengono usati per realizzare la carta in questione, creando un liquame di scarto a fine lavorazione che finisce poi nei vari torrenti, fiumi e falde sotteranee locali , per quanto parzialmente depurato.
MGP – Saronno
😀