Philippe Daverio, Leonardo Da Vinci e la Vergine delle Rocce illuminano il Pasta
23 Aprile 2016

SARONNO – L’arrivo in città della Vergine delle Rocce del Borghetto, attribuita a Federico Melzi, allievo del grande Leonardo Da Vinci, ha alimentato la fiammella della passione dei saronnesi per l’arte e così ieri sera il teatro Giuditta Pasta è stato letteralmente illuminato dalla conferenza di Philippe Daverio. Il popolare critico d’arte ha sciorinato una serie di curiosità e pillole sull’opera, sul suo autore e sul genio fiorentino capaci di attirare per quasi due ore la ferma attenzione del pubblico saronnese, che ha riempito il teatro, anzi, un centinaio di persone si dovranno accontentare di leggerne il resoconto quest’oggi, visto che non tutti sono riusciti a trovare posto sulle poltroncine del Pasta.
Daverio ha dapprima introdotto l’epoca, il contesto e la formazione vinciana. “Leonardo è il primo artista figlio di buona famiglia prima di lui erano artigiani, scalpellini, decoratori e venivano pagati come tali. Lui è un autocosciente, lui vede qualcosa nell’opera e decide di riproporlo così come lo vede. Non è del tutto scientifico, scopiazzava dai matematici e, dalle sue pagelle, possiamo dire che non fosse nemmeno un granché a scuola, ma è uno sperimentatore ed è assolutamente geniale. Fu invitato a Milano e portò brio alla vita serale milanese, la prima movida. Si pensa che in questo contesto, in Lombardia, scoprì i suoi peculiari cromatismi, fatti di grigi e di brume, anticipando in qualche modo lo stile di Armani. Dicono che li abbia imparati in Lombardia ma anzi lui li aveva già nelle sue prime esperienze toscane, poi in pianura li ha sviluppati, accresciuti, resi tali. Per quello che ha fatto in città dovrebbe chiamarsi Da Milano, altro che Da Vinci”.
Non è mancata una frecciatina all’improbabilità di alcuni testi sul maestro toscano. “Del Codice Da Vinci di Dan Brown non riesco ad andare oltre le prime trenta pagine: è completamente improbabile, dovrebbe essere messo all’indice per cretinismo. Lui parla di un tenente, ma in Francia non esistono, e del profumo delle mimose a Parigi, che davvero non ho mai avuto il piacere di sentire. Se sbagli questi riferimenti come fai a parlare del complicato essere Leonardo. E infatti ne esce un’analisi assurda, tutte palle. Leonardo in verità era uno spericolato sperimentatore. Gran parte delle sue opere sono finite in malora perché sperimentava tecniche di ogni genere. Non solo a Firenze, forse per antipatia dei fiorentini, ma anche a Milano dove un Cenacolo del tutto sperimentale forse avrebbe resistito meglio al tempo se realizzato con metodo tradizionale”.
Si entra nel vivo delle tre opere Vergine delle Rocce. “La prima si pensa che sia quella oggi conservata al Louvre di Parigi. Fu commissionata da un gruppo francescano e venne criticata perché non troppo aderente alla dottrina. Alla fine Leonardo la ritirò perchè non sarebbe stata pagata, anche se in futuro si sarebbe rivolto alle autorità per ottenere giustizia. La seconda, quella che oggi è esposta a Londra, è tollerata ma non del tutto ortodossa. Quella che avete la fortuna di avere in città invece è attribuile al Melzi, suo allievo, ragazzo ottima famiglia, figlio di un generale del Ducato, che stranamente non si oppose alla bistratta carriera pittorica, preferendogli quella militare.
Il quadro. “Un fondale così teatrale non si era mai visto, il primo così prorompente, nei suoi colori. Questo fondale che evapora, una vaporosa magia lombarda. Sì perché in tanti hanno pensato potesse trattarsi dell’Arno e invece sarebbe l’Adda questo corso d’acqua. In particolare un tratto del corso a Vaprio, prima che il fiume diventi docile nella pianura lombarda. E questo spiega anche la particolare scelta cromatica. L’altra peculiarità sono i due punti di fuga, ma ci vorrà un secolo per scoprire il secondo. Settanta anni invece perché il doppio punto di fuga entrasse nell’uso comune del teatro. Un’altra curiosa invenzione che entra in pianta stabile nella nostra cultura artistica. È per questo che Leonardo non è solo considerato un grande artista, ma un genio totale”.
“Dopo aver visto nascere i primi due, è quasi normale che ne realizzi una replica: vuole dimostrare al maestro di essere capace anche lui. E infatti ne sarà l’erede morale, seguendolo nella fase terminale della sua gloria”.
L’arrivo a Saronno. “E’ molto bello e siete davvero fortunati a poter ammirare questo quadro così da vicino, in un contesto così personale, in un luogo così fisico e distante dai musei. Dovete ringraziare queste fanciulle sedute in prima fila (la Congregazione delle Suore Orsoline di San Carlo che ha concesso il quadro) e la bellissima iniziativa della Fondazione Casa di Marta onlus perché è un privilegio concesso a pochi avere la fortuna di ammirare un’opera in questo clima così reale, tangibile, nella propria città“.
La Vergine delle Rocce di Federico Melzi sarà esposta all’interno della Chiesa di San Francesco, nella cappella di Sant’Antonio da Padova, sino all’8 maggio e sarà visitabile durante il normale orario di apertura della chiesa, nel rispetto dello svolgimento delle funzioni religiose. Le visite guidate si svolgeranno con il seguente orario: tutti i giorni, ad eccezione della domenica mattina, dalle 9 alle 12 e dalle 15 alle 18. Per le scuole e per i gruppi è possibile prenotare telefonando all’ufficio Cultura del Comune (0296710357).
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Commenti
Niente sindaco?
Ah già, a teatro lui non ci va.
Il popolare critico d’arte ha sciorinato una serie di curiosità.
Secondo il professore Mario Alinei la Gioconda sarebbe il ritratto di una donna morta raffigurata con gli occhi aperti. Alinei avrebbe visto la medesima espressione sul volto di sua madre appena morta. Così Leonardo riprenderebbe il tema della sua prima opera perduta, che aveva come soggetto la Medusa mitologica. La Sindone di Torino invece sarebbe l’autoritratto o il ritratto di un uomo vivo rappresentato come morto. Ma i geni tendono ad agire in modo simile ed ad avere un volto somigliante nella maturità. L’autoritratto di Leonardo, il ritratto di Michelangelo anziano eseguito dai Daniele di Volterra ricordano l’immagine del volto sindonico. Gesù modello e volto archetipo del genio. La ferita al costato della Sindone guardata ingrandita ricorda l’immagine di un volto umano o una sua caricatura. Con una certa assonanza con il volto del guerriero centrale urlante della perduta (o forse no) Battaglia di Anghiari di Leonardo da Vinci a Firenze in palazzo Vecchio, Cfr. ebook/kindle. Tre uomini un volto: Gesù, Leonardo e Michelangelo/ Leonardo e Michelangelo: vite e opere. Grazie