Riflessioni di monsignor Centemeri sulla “messa solitaria” ai tempi del coronavirus
20 Luglio 2020

SARONNO – Il 2020 è un anno particolare per don Angelo Centemeri che festeggia il suo 90esimo compleanno e i 65 anni di sacerdozio. Purtroppo per l’emergenza Covid non ha potuto celebrare questi momenti con la città perchè rimane, prudentemente, isolato a Casa Gianetti struttura dove live e dove non si sono registrati contagi anche grazie alle rigide norme rispettate.
Abbiamo voluto dar spazio ad alcune sue riflessioni che pubblicheremo una alla settimana per tre lunedì in modo da poter condividere con lui questi traguardi e quest’esperienza unica. Dopo la lettera alla città in occasione della Patronale e il messaggio scritto per confratelli e parrocchiani nell’aprile scorso alla vigilia del suo compleanno pubblichiamo una sua riflessione scritta sulle messe celebrate da solo in tempo di covid.
“È dal 23 febbraio che a causa del coronavirus celebro la S.Messa da solo, nella Cappella dedicata a Maria Regina degli Angeli nella RSA G.Gianetti. Altre volte ho celebrato da solo ma mai così a lungo.
È un’esperienza indicibile, la solitudine, il silenzio, nessuno che mi risponde eppure “sento” la presenza misteriosa del Signore e della comunità nella quale e per la quale compio quei gesti e dico quelle parole. Celebro non tanto per mia devozione ma per un appuntamento al quale non posso mancare, non perché ne sono degno ma perché ne ho bisogno, non per un obbligo ma per una missione che mi è stata affidata. C’è bisogno di quel nutrimento, di quella forza che viene dalla Parola di Dio e dalla comunione eucaristica ricevuta nella S.Messa per aprire il cuore e crescere nella Grazia del Signore. Nel silenzio è più acuto e penetrante quello che ogni volta sento davanti al grande mistero che avviene nelle mie mani.
In questo tempo condivido il travaglio che c’è nella mente e nel cuore dei miei fratelli e sorelle, i dubbi e lo sconforto di fronte alla tragedia che incombe. Mi sento sempre più immerso nel mistero: qualche cosa di grande in cui mi sento tanto piccolo ma nello stesso tempo protagonista della mia vita, desideroso di essere amato e considerato.
Avverto attorno a me l’universo, gli astri e le galassie, i microbi e i virus.
Penso all’umanità, alla sua storia nei secoli, lo splendore e la miseria, il conflitto perenne tra il bene e il male, l’isolamento e l’oblio, il soffrire e il morire, Perché ci deve essere il male? Perché la libertà può avere questo esito? Che cosa siamo qui a fare?
E allora penso al bene che è nel mondo. Tutto mi parla di Dio eterno e infinito, creatore di tutta la bellezza, la varietà, l’intelligenza del creato. In quel progetto vedo Gesù. in Lui il Signore Dio si manifesta agli uomini come un Padre che vuol stabilire un rapporto di amore. non un Dio lontano e terribile, è un Padre che ci ama. In quel progetto per la vita vera, trovo il Pane che viene dal cielo e il Calice della nuova alleanza. Quello che è successo è che Dio, in Gesù si è messo nelle nostre mani, si è fatto vicino per stare con noi, per assimilarci a Lui. Quello che faccio è obbedienza a Gesù, in memoria della passione, annunciando la risurrezione in attesa della sua venuta. Obbedisco a Gesù: “Fate questo in memoria di me”, come Lui ha obbedito al Padre e penso: Lui si è messo nelle nostre mani di uomini e noi che cosa ne abbiamo fatto? è il grande mistero della Passione e morte di Gesù di cui l’Eucaristia è il memoriale. Come possiamo restare indifferenti di fronte a questa realtà? “Corpo dato e sangue sparso per la nostra salvezza”. Ed è lì, nelle mie mani! Mi sento tanto piccolo, meschino ma pur sempre tanto amato.
Quante persone meravigliose conosco, non perfette ma piccole tessere di uno stupendo mosaico che affascina e invita alla speranza. Queste persone me le vedo davanti, durante la S.Messa in solitudine, quanti volti affiorano alla memoria, conosco le loro vicende, i bisogni, le fatiche, le debolezze, gli interrogativi e i dubbi, ma anche le loro enormi capacità di bene e penso come sarebbe bello se davvero i diversi doni, che lo Spirito suscita, fossero usati da tutti per tutti, per il bene comune, come è nel grandioso progetto di Dio! Quell’unico pane, che è spezzato perché tutti siano una cosa sola, quel pane di vita ci assimila a Gesù che ci ha lasciato questo segno di amore, si è offerto per noi. Il momento della consacrazione che compio tutte le volte con timore, ora nella solitudine è più struggente: Che cosa sto dicendo, che cosa sto facendo? Nelle mie mani indegne e fragili, per le parole che pronuncio, in comunione con tutta la Chiesa, per questo servizio sacerdotale al quale sono stato chiamato e mi è stato donato, si rinnova il sacrificio offerto da Gesù al Padre come atto di amore che tutti ci salva.
Buona cosa le messe virtuali di questo tempo. Ci hanno fatto riscoprire la “Chiesa domestica” la preghiera in famiglia e questo non andrà dimenticato, ma non possono sostituire il pane che si mangia. La mensa non può essere virtuale. Mi chiedo: possono aver ridestato il desiderio di una partecipazione più sentita, meno esteriore, più essenziale e interiore? Molti hanno espresso il rincrescimento di non poter ricevere il Corpo del Signore, è un segno di speranza. Ma tutti gli altri? riusciremo a superare l’assenteismo, il prevalere di altri interessi che hanno cambiato il volto alla domenica, giorno del Signore? Dovremo aiutarci a vivere la S.Messa, a mettere davvero l’eucaristia al centro della nostra vita se vuole essere cristiana. Un bel compito. Dovremo aiutarci, dirci quello che abbiamo vissuto, per contribuire tutti a un rinnovamento della liturgia. Celebrando la S.Messa ricorderemo l’Apocalisse: “Sto alla porta e busso” per dare una risposta, per aprire e ascoltare Gesù: “Rimanete in me”.
Nella mia celebrazione solitaria posso dare tempo al silenzio.
Il primo è per ascoltare la Parola di Dio. Ho il tempo per cercare di capire quello che dice, per poter accogliere quello che dice a me e fissare almeno “un pensiero da portare a casa” per far luce durante la giornata. È indispensabile questo ascolto quotidiano. In questo tempo di clausura ho gustato molto la proposta che la liturgia ambrosiana ha fatto durante la quaresima ed nel tempo pasquale. Non ho potuto partecipare alle celebrazioni ma ho vissuto l’essenziale. Comprendo sempre meglio l’insistenza del Papa e del nostro Arcivescovo a proposito della “Sapienza della Chiesa che ha ordinato la celebrazione dei Santi Misteri nell’anno liturgico per rendere possibile a tutti di essere divinizzati”
Il secondo silenzio è dopo la comunione. Per l’adorazione, di solito dico a Gesù: “guarda, sono qui” e poi porto davanti a Lui quei volti che ho incontrato, quelle lacrime che ho visto, quelle richieste di un ricordo. E dico ancora:”guarda, sono qui”. E gli dico anche il mio turbamento per quello che succede e che non capisco e rinnovo la mia fiducia.
Così, nonostante la mia pochezza e la mia debolezza, si consolida una amicizia, che mi apre alla speranza e alla gioia di essere amato. Così può continuare la mia comunicazione con le persone che sono attorno a me spiritualmente e cresco in umanità e nella “simpatia”, quel patire insieme con tutta l’umanità che geme cercando sollievo nel dolore, appoggio nel dubbio, certezza di una vera gioia. Mi confermo, sia pure indegno, nella mia missione, come mi ha suggerito il salmo 70: “Ed ora, nella vecchiaia e nella canizie, Dio, non abbandonarmi finché annunzi la tua potenza, a tutte le generazioni le tue meraviglie”.