Visto da Varese: Lavoro, persi migliaia di posti. Difficile trovarne altri
di EZIO MOTTERLE
Tanti hanno perso il lavoro, molti non lo cercano più. Tempi duri per l’occupazione anche in una provincia come Varese, storica locomotiva dell’economia nazionale. Il peso dell’emergenza sanitaria ha bruciato già migliaia di posti, penalizzando anzitutto donne e giovani, ma azzerando anche – in un clima di rassegnazione crescente – le prospettive stesse di una ricollocazione. I dati Istat elaborati dalla Camera di commercio proprio a ridosso di Pasqua indicano a fine 2020 una flessione di oltre 9mila occupati, con un calo a 375mila rispetto ai 384mila dei dodici mesi precedenti. Soffre anzitutto il commercio, con il settore alberghiero e quello della ristorazione in testa, una perdita secca di 6600 posti, mentre si guarda con preoccupazione alla fine degli ammortizzatori sociali che hanno per il momento evitato le conseguenze più pesanti. Il tasso di occupazione provinciale è sceso dal 66,7% al 65,5%. Ma allarma soprattutto l’effetto scoraggiamento legato all’attuale situazione: la maggior parte delle persone che hanno perso il lavoro non si sono messe insomma alla ricerca di una nuova occupazione, sono invece andate a ingrossare il numero degli “inattivi”, cresciuto infatti da 161mila a 173mila unità, soggetti finiti fuori dal mercato del lavoro poiché non sono né occupati né alla ricerca di un posto, anche perchè risulta difficile se non impossibile trovarne uno. Sono le donne quelle che stanno subendo maggiormente gli effetti della crisi: le occupate calano da 171mila a 162mila e il tasso di occupazione femminile scende dal 59,6% al 57%. Motivo? Sono occupate soprattutto nei settori più colpiti dall’effetto pandemia (turismo, ristorazione, commercio e servizi), spesso impiegate con contratti a termine e più esposte ai problemi legati alla conciliazione tra tempi di vita e di lavoro, che si sono acuiti nell’ultimo anno. Parallelamente è diminuita l’occupazione giovanile, scesa dal 38% al 35,6%, mentre sono ben 70 milioni le ore di cassa integrazione autorizzate lo scorso anno (furono 53 milioni durante la crisi finanziaria del 2009). Nella Pasqua “rossa” un motivo di allarme in più. Non ne mancavano.
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Commenti
Bisogna cambiare punto di vista, forse il lavoro non è tutto, produzione per forza e a tutti i costi ci hanno portato a questa situazione.
Questo paese si merita il collasso economico.
Ma la gente non reagirebbe ugualmente.