Centro dialisi di Saronno: “Un gioiello per la comunità”, la testimonianza di Davide Galli
SARONNO – “Un gioiello per la comunità di Saronno”, così il centro dialisi ad assistenza limitata dell’ospedale di Saronno è stato definito tanto dal personale medico che vi lavora, quanto da chi l’ha frequentato.
A portare la propria testimonianza come paziente del Cal di Saronno, è Davide Galli, trentasettenne con alle spalle una complicata storia clinica alle spalle, fatta di un trapianto di cuore e uno di rene. Quando parla della sua esperienza all’interno del centro dialisi dell’ospedale di Saronno, alla presenza anche di Francesca Colombo, dottoressa, e della primaria Maria Rosa Caruso, c’è profonda riconoscenza: “Magari tra vent’anni sarò in dialisi ancora. Se dovrò tornare qui in dialisi, so cosa mi aspetta: troverò un ambiente che mi ha fatto stare a casa. Nella sofferenza dell’esperienza della dialisi, la prospettiva di tornare qui allevia il dolore”.
Il percorso di dialisi, infatti, non è affatto semplice: i pazienti vengono divisi su più turni e tre volte la settimana si recano in ospedale, dove restano per circa cinque ore. “Non è semplice – commenta Davide Galli – il trattamento sfinisce e il giorno successivo ti senti a terra. Solo il terzo giorno, dopo il weekend lungo, ci si sente in forza per riprendere a vivere”. E poi tutti i limiti: la necessità di non bere, la dieta da seguire; elementi che rendono difficile vivere la quotidianità, soprattutto per i pazienti più giovani.
“Per i pazienti più giovani si tratta di una forte limitazione della vita sociale – sottolinea Angela Lomuscio, infermiera del centro – Uscire a cena è condizionato a quello che si beve e si mangia. Mentre in un paziente anziano è spesso più semplice e magari venire qui rappresenta un momento di socializzazione, per i giovani è la cronicità è di difficile gestione: perdono molto della loro vita. Ricordo una crisi isterica di una paziente giovane: arrivò al centro in preda ad una crisi di pianto, dopo essere stata ad una festa di Natale con colleghi.” Non solo, questo, naturalmente, ha anche conseguenze sulle relazioni romantiche, le vacanze, per cui è necessario trovare un centro dialisi disposto ad accogliere, ma anche sul posto di lavoro, tanto che alcuni pazienti perdono il proprio impiego.
“Proprio per la quantità di tempo e per la pesantezza della terapia – sottolinea ancora l’infermiera – inevitabilmente si sconfina in un rapporto tra paziente e infermiere. Ci si fa carico delle sue emozioni, dei suoi problemi. Si cerca di favorirli nei cambi turni per dare la possibilità di vivere una vita, soprattutto sociale. È una gentilezza: il nostro staff è molto sensibile su questo punto.”
Il punto forte del centro, infatti, è proprio il suo personale: “Qui è composto da figure con tante esperienze nei reparti. Ognuno ha arricchito il proprio bagaglio personale: chi in chirurgia, chi ortopedia, o cardiologia: questo ci permette di stare attente a 360 gradi sulla cura del paziente. A volte, paradossalmente, questo avviene all’eccesso: situazioni in cui il paziente ci fa carico di qualunque cosa, che magari dovrebbe essere del medico curante a gestire, ma cerchiamo comunque di risolvere il problema. Questo soprattutto quando sappiamo di dinamiche particolari nelle famiglie: come nei casi di anziani soli, cerchiamo di prendere colloqui con i parenti, soprattutto se fossero necessari badanti o ricoveri.”
“La realtà di Saronno è un po’ una chicca, un ambiente particolare – sottolinea Giada Carrubba, caposala e coordinatrice del centro – Siamo un centro assistenza limitato, con infermiere stabili. Strutturalmente abbiamo una grande sala, questa struttura favorisce molto la socializzazione; può essere un limite quando il paziente vuole isolarsi, ma anche in quel caso cerchiamo di fare il possibile. Tra di loro c’è tanto sostegno a vicenda. Noi siamo attenti a questa cosa: abbiamo 9 letti messi ad ovale e cerchiamo di porre attenzione anche alle dinamiche relazionali tra loro.”
Anche Davide Galli ha avuto modo di vivere questa realtà e, anche per lo staff che ha avuto modo di assisterlo, la sua permanenza è stata memorabile: “Davide è stato il nostro animatore: con lui abbiamo introdotto in reparto la tombolata di Natale, che è stata un po’ l’evento dell’anno. Ha coinvolto il gruppo del suo turno, ma anche gli altri. Grazie all’aiuto delle colleghe delle Rsa, è possibile, ogni anno da allora, un momento festoso e di gioco nel contesto sanitario. Ogni anno riceviamo donazioni che permettono anche di avere cesti e premi molto ricchi: abbiamo ricevuto donazioni da macellaio, ma anche dal fruttivendolo e da molte realtà del territorio”.
“Vivere la cronicità è davvero difficile – sottolinea Davide Galli – Stare qui era come stare a casa. Ho sempre pensato che curassero non solo il corpo, ma anche il cuore. E’ la parte bella della mia storia.”
Una storia fatta sopratutto di tanta gratitudine e di impegno per far conoscere la realtà dei pazienti in attesa di trapianto: “La gente che sta bene non ci pensa. Non è una colpa: la donazione dovrebbe essere un dovere civico. Le storie sono belle perché mettono insieme gesti compiuti da tante persone: donatori, infermieri, dottoresse, da chi ha trapiantato. Sono gesti giusti al momento perfetto: come posso io non essere grato?”
“Al posto di Davide – sottolinea Angela Lomuscio – si potrebbe trovare chiunque di noi. L’egoismo di credere che queste cose succedono sempre agli altri non considera l’opzione che nella condizione di malato serio ci si potrebbe trovare da un momento all’altro. Alcuni non sanno di avere insufficienza renale cronica e si ritrovano catapultati in un mondo a sé stante. E’ necessario sensibilizzare persone che non sanno o non vogliono sapere”. E conclude: “Donare è uno dei gesti di amore più grandi”.
Vuoi ricevere le principali notizie in tempo reale?
Su Whatsapp invia il messaggio “notizie on” al numero + 39 3202734048
Su Telegram cerca il canale @ilsaronnobn o clicca su https://t.me/ilsaronnobn
C’è anche il canale whatsapp, clicca qui per iscriverti