“2000 battute”: Padre Pietro Fusio da Saronno, inquisitore
19 Marzo 2025

Siena, 1568.
Il Cardinale Scipione Rebiba, già arcivescovo di Pisa, di lì a qualche anno a capo della “Congregazione della Romana e Universale Inquisizione”, querela, presso la sede di Siena del Sant’Uffizio, il sacerdote Megliore Mambrini, accusandolo di essere il mandante “di un’archibugiata tirata in Grosseto” all’inquisitore senese Padre Pietro Fusio (o Fusi), frate di Saronno, proveniente dal “nostro” convento di San Francesco.
La parte meridionale della Toscana (comprendente le province di Siena e Grosseto, fino a pochi anni prima costituenti la Repubblica di Siena, e la zona attorno a Piombino) è di competenza del tribunale dell’Inquisizione di Siena, da tempo gestito dai frati conventuali francescani, la sede è collocata nella basilica di San Francesco. In Toscana vi sono, da tempo, nuclei di riformati protestanti, principalmente nel lucchese, quindi è importante, come nelle zone di confine piemontesi e valtellinesi, tenere alta la guardia della Controriforma contro l’eresia luterana e calvinista d’Oltralpe.
Il nostro Padre Pietro, si diceva, proviene dal nostro borgo, e si trova ad operare in un’epoca felice e feconda del convento di Saronno.
“Il settimo decennio –e in generale la seconda metà del Cinquecento- è un periodo di alta fama culturale del Convento [di Saronno]: docenti universitari e titolari di alte cariche in seno all’Ordine, quali Bartolomeo Cesati, Giacomo Lupi, Giulio Cesati, Carlo Bossi, Lodovico Albuzzi, Pietro Fusi e Francesco Verga, sono originari a almeno risiedono spesso a Saronno, e costituiscono qualcosa di più di una semplice serie di dotti. Pur non essendo per ora in grado di postulare l’esistenza di un vero e proprio “circolo”, vanno però notati i rapporti di parentela o di discepolato intercorrenti fra essi: si tratta, in ogni caso, di un gruppo omogeneo, collegato in modo speciale alla Facoltà teologica dello Studium pavese [Università di Pavia] e assai attento ai temi della polemica antiprotestante”.
Di che cosa si occupa Padre Pietro, oltre a rischiare di prendersi un’archibugiata in corpo? Esamina le accuse di concubinato, rivolte ad alcuni religiosi maremmani, oppure di possesso di libri eretici, accusa rivolta ad un prete aretino, ma capita anche di giudicare chi, cacciando di casa un’inquilina morosa, getta per strada un Crocifisso e un’immagine della Madonna.
E poi c’è il caso delle salsicce, o della “setta giorgiana”, vale a dire riti eretici e deviati, che prevedevano di sostituire durante la Comunione le ostie consacrate con “cervellati”: è sempre il Cardinale Rebiba a segnalare la questione, scrivendo una lettera al Fusio. L’inquisitore si mette subito al lavoro, e interroga l’anziano monaco benedettino Giacomo Coppino di Padova, chiedendogli conto dei fatti avvenuti vent’anni prima: “Io dirò quel che mi ricordo di tal caso […] ho sentito dire, stando io per monacho in Santo Giorgio di Venetia, che fu scassata, o vero aperta una stanza a don Valeriano da Cremona da due monaci e un commesso […]; ne la quale camera trovorno molti libri prohibiti e li derno in capitulo quale si fece a Praia dove il capitulo fece brusciar li libri e cercare don Valeriano per castigallo il quale doppo scappò dalla religione e ne andò in terra di Squizari [Svizzeri] in Voltolina [Valtellina] dove morse”.
Niente tortura? C’è anche quella, non ci facciamo mancare niente. Il “luteranaccio” (così definito all’epoca) Fabio Cioni, maestro elementare e poi notaio a Grosseto, viene accusato da un certo Fabio da Pienza di aver “dato delle pugnalate a una immagine della Madonna”, di contravvenire ai precetti ecclesiastici sul digiuno e sui cibi proibiti (“magna carne il venere e il sabbato”), di rifiutare la liturgia cattolica.
“Catturato dal braccio secolare e incarcerato nella prigione dell’Inquisizione senese [all’epoca retta dal nostro Padre Pietro], il C. [Cioni] venne sottoposto a vari interrogatori (dal 10 settembre al 9 dicembre 1568) riuscendo sempre a non rivelare nulla intorno alle proprie opinioni religiose eterodosse e ai complici dell’esperienza riformata grossetana. Sottoposto alla tortura il 9 dicembre, egli finì col rivelare le dottrine alle quali aveva creduto e i nomi dei propri compagni di fede, oltre alla struttura ideologica e organizzativa del gruppo calvinista al quale aveva aderito. […]. Il C. fu condannato alle galere a vita nella marina granducale. Fece la pubblica abiura, dopo aver percorso, “cum solito habitello” giallo, le principali vie di Siena, il 27 febbraio 1569 nella piazza di S. Francesco davanti alle autorità religiose e civili e a tutto il popolo radunato. Non sono noti il luogo né la data della sua morte”.
Alessandro Merlotti
Bibliografia/sitografia:
– Andrea Spiriti (a cura di), “Catalogazione del patrimonio figurativo. 9. Cappella della Madonna del Rosario”, in AA.VV., “San Francesco di Saronno nella storia e nell’arte”, ISAL, Milano, 1992, pagg. 227-229;
– https://www.ereticopedia.org/lista-inquisitori-siena;
– https://www.ereticopedia.org/sede-inquisitoriale-di-siena#:~:text=L’Inquisizione%20fu%20attiva%20a,come%20in%20tutta%20la%20Toscana;
– https://www.treccani.it/enciclopedia/fabio-cioni_(Dizionario-Biografico)/;
– https://www.ilpalio.org/cause_criminali1.pdf;
– https://archive.org/stream/bollettinodellas1601soci/bollettinodellas1601soci_djvu.txt
Immagini:
– https://storage.googleapis.com/raremaps/img/xlarge/26965.jpg;
– https://it.wikipedia.org/wiki/Scipione_Rebiba#/media/File:Card_REBIBA.jpg;
– https://it.wikipedia.org/wiki/Basilica_di_San_Francesco_(Siena)#/media/File:SienaSanFrancesco.JPG;
– https://www.meisterdrucke.it/stampe-d-arte/Tony-Robert-Fleury/1423133/Inquisizione-nel-Medioevo.-1841.html
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2000 battute (più o meno) fuori sacco
Storia locale e storie locali dal passato remoto agli anni più recenti, per provare a interpretare l’attualità rileggendo ciò che è accaduto. Storie e curiosità lette, trovate negli archivi o ascoltate negli ultimi trent’anni. Senza presunzione, cercando di imparare ogni giorno qualcosa in più.