Da Saronno all’America Latina in bici, Carlo Motta sfida il Volcan Parinacota
27 Settembre 2025

SARONNO – Carlo Motta, ciclista saronnese e attivista di Bicipace, è di nuovo in sella alla sua bici per una nuova avventura alla volta dell’America Latina. Riceviamo e pubblichiamo il suo diario di viaggio dello scorso 16 settembre.
È la giornata del volcan parinacota, parina quta in aymara. Sveglia a mezzanotte e partenza con un solido 4×4 alla volta del campo alto e 5100 metri. Lì c’è anche un piccolo rifugio, ma una lite tra comunità ne rende difficile l’utilizzo. Passiamo tra centinaia d’occhi attenti dei lama e degli alpaca, scocciati dell’interruzione del loro riposo. Si comincia a salire in una distesa di sabbia lavica che ti fa sprofondare e poi le prime rocce. Il cielo è magnifico, la volta celeste è totalmente trapuntata di stelle, una enormità disastri che da noi è impossibile vedere.
Forse s’avess’io l’ale
Da volar su le nubi,
E noverar le stelle ad una ad una.
Si chiede Leopardi, descrivendo i pensieri di un uomo che pascola il suo gregge in un altro emisfero ed un altro continente.
Memore della lezione di Alain, l’astronomo francese di San Pedro de Atacama, mi picco di aver riconosciuto la croce del sud ma non ne sono certo. E pensare, come dice Luca dell’osservatorio astronomico di Campo dei Fiori, che ad altitudini di oltre 3000 metri l’occhio umano fa fatica, a causa della differente pressione, a mettere a fuoco le stelle, occorrerebbero degli occhiali correttivi.
Dico fra me pensando:
A che tante facelle?
Beh, io, ad osservare tanta bellezza, godo comunque e mi incazzo a pensare che tanta bellezza dalle nostre parti sia celata dai miliardi di lumen che spariamo in cielo.
Ma una stellata che riempie anima e cuore non può che essere di buon auspicio. Dopo un paio d’ore di salita sorge la luna.
Che fai tu, luna, in ciel? dimmi, che fai,
Silenziosa luna?
Sorgi la sera, e vai,
Contemplando i deserti; indi ti posi.
Ancor non sei tu paga
Di riandare i sempiterni calli?
Ancor non prendi a schivo, ancor sei vaga
Di mirar queste valli?
S’interroga senza risposta il poeta di Recanati. Dopo un po’ comincia a nevischiare e la guida informa della cosa qualcuno a valle. Gli chiedo se ci sono altre persone che stannsalendo.o No, mi dice Mario, oggi la montagna è tutta nostra. Mi sento un po’ spaesato e impaurito: soli in mezzo a tanto deserto.
Cominciano i penitentes, pinnacoli di ghiaccio alti 30-50 centimetri che ci costringono a indossare i ramponi. La salita si fa più faticosa sia per l’altitudine che per il tipo di terreno che ci costringe ad ogni passo ad individuare la via migliore. Appare il sole che viene costantemente offuscato da grandi nubi scure. E poi finalmente gli ultimi 300 metri che ci porteranno alla cumbre, la vetta. Il fiato si fa ancora più faticoso, il respiro si affanna a causa della quantità inferiore di ossigeno che inghiottiamo. Mancano 130 metri alla vetta, eccetto la fatica a respirare sto bene; mi fermo per riprendere le forze e tentare l’ultimo tratto di ghiacciaio.
Ma si sa, la montagna è come il deserto
Arriva una tormenta di vento e neve che ci costringe ad alzare i cappucci delle giacche a vento e riduce la visibilità a pochi metri.
Valuto assieme a Mario che non è il caso di proseguire, sarebbe troppo rischioso poi tornare a valle. L’unica cosa da fare e quindi, non so se più affaticato o arrabbiato, giriamo i tacchi e prendere la strada per la discesa.
La visibilità e scarsa e torniamo a valle con un po’ di fatica a ritrovare la via di salita tra i penitentes.
Dice Mario, che ha salito centinaia di volte il parinacota e le altre cime del parco, che a volte succede e devi fartene una ragione.
Sono veramente dispiaciuto, non so se e quando mi ricapiterà un’occasione simile. È così, alcune volte ce la fai, altre impari: questa la teoria, in realtà lo sconforto è grande.
Mentre verso la cima continua il maltempo, sotto i 5000 le condizioni meteo sono nettamente migliori.
In valle le stesse greggi di camalidi che ci hanno visto passare in salita, paiono sorridere sornione al nostro ritorno. Tu, piccolo uomo hai osato sfidare la montagna.
Alla montagna come al deserto va portato un grande rispetto; ti rendi conto che nella grandiosità dei paesaggi andini di alta quota tu sei solo un ospite senza biglietto d’invito.




