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assemblea antifascista saronnese

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Sabato 16 giugno: presidio in centro contro le frontiere
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SARONNO - Dopo l’ultima manifestazione organizzata qualche mese fa in piazzetta Schuster torna in centro l’Assemblea Antifascista Saronnese che tramite…
15 Giugno 2018

SARONNO - "Il presidente del consiglio rilascia dichiarazioni, volutamente ambigue, sull’eccidio delle fosse Ardeatine; la fervida fantasia del presidente del senato produce un racconto revisionista sull’azione partigiana di Via Rasella; ministri e rappresentanti del governo annichiliscono l’orizzonte dei diritti civili e sociali con le loro dichiarazioni: tutto questo è tanto inaccettabile e disgustoso, quanto coerente con una visione che non ci meraviglia, perchè ne conosciamo perfettamente la radice".

Inizia così la nota dell'Assemblea antifascista saronnese in merito delle celebrazioni del 25 aprile.

"Allo stesso modo, non ci stupiamo di chi si duole pubblicamente del governo, ma poi si trova perfettamente a suo agio nella cornice neo-imperialista: Ucraina, Afghanistan, Serbia, Libia, Libano, centro destra, centro sinistra, governo, opposizione: non fa differenza quando si è al servizio della Nato.

L’Italia è in guerra: una guerra d’interessi, una competizione per l’accaparramento di risorse ed energie; l’esercito italiano è attualmente impegnato in decine di missioni, di cui per la maggior parte a protezione dei siti dell’Eni. L’industria degli armamenti cresce nella produzione e in borsa: perseguire obiettivi di pace non è economicamente conveniente. La retorica della propaganda usa gli strumenti del marketing e ci vende un’immagine della guerra buona e giusta da combattere, etichettando i popoli come buoni o cattivi, a seconda della convenienza contingente.

L’Italia è in guerra fuori dai propri confini
Con i patti con la Libia, considerata un porto sicuro nel decreto Minniti, ministro del governo Gentiloni, che aggira il diritto internazionale e manda sotto tortura e a morte nei lager libici migliaia di migranti e richiedenti asilo; Salvini, con la sua retorica, trova la strada spianata e libera da oppositori reali.
Fin dai tempi della Bossi-Fini, legge sull’immigrazione del 2002, che non è mai stata abrogata o modificata da nessun governo di centro sinistra; la stessa poggia sullo stesso impianto teorico ipocrita, della precedente legge Turco-Napolitano (legge del 1998, governo Prodi, che istituisce, tra l’altro, i Centri di Permanenza Temporanea), che lega il permesso di soggiorno al contratto di lavoro, in un mondo del lavoro strutturalmente precario che condanna i migranti a un’esistenza conseguentemente precaria e senza diritti.

Su queste basi solide, costruite in contiguità con il centro sinistra italiano, la destra apre in questi giorni un nuovo stato di emergenza, riguardante l’immigrazione (ad ora è il centodiciannovesimo stato di emergenza, condizione ormai di normalità, terreno fertile per la produzione di decreti illiberali).

L’Italia è in guerra dentro i propri confini
Con lo smantellamento dello statuto diritti dei lavoratori; è una guerra che i governi italiani combattono come partito unico, contro generazioni di lavoratori senza diritti e studenti senza prospettiva di futuro.
Nel 2002, durante il governo Berlusconi, tre milioni di persone, manifestando a Roma, fermano il tentativo di abrogazione dell’articolo 18, ma, negli anni, i diritti dei lavoratori hanno subito un depotenziamento progressivo: il pacchetto Treu (1995, governo Dini) e i decreti attuativi del 1997 del governo Prodi, aprono al lavoro interinale, precario, instabile, non tutelato, spalancando le porte alla legge Biagi (2003, governo Berlusconi), al Job Act (2014, governo Renzi). Durante lo stesso governo Renzi, l’articolo 18 è stato privato delle sue funzioni di tutela, nel silenzio delle piazze, nell’indifferenza generale, con la complicità dei sindacati confederali, che, nel frattempo, arruolano tra le file del centro sinistra del Pd, uno alla volta i suo segretari, Cofferati, Epifani, Camusso, in un conflitto di interessi che mina alla base il rapporto di fiducia tra lavoratori e garanti e mediatori dei diritti degli stessi.
Intanto aumento le morti bianche e, con l’alternanza scuola-lavoro, aumentano anche le morti a scuola.
L’Italia è impegnata in una guerra interna
Perché non è più il tempo della conquista e gestione del consenso a favore di una proposta, ideologia o visione: oggi non è ammessa un’idea non conforme; le istituzioni si compattano attorno al sistema capitalista, utilizzano l’intervento armato per ridefinire rapporti economici e di potere e usano la repressione per abbattere qualsiasi forma di difformità sociale e politica, annichilendo pensieri e corpi che si frappongono a un pensiero univoco, che schiaccia gli ultimi.
Il conflitto, dialettico, ideologico, sociale, motore dell’evoluzione della società, che ha portato a conquiste importanti di diritti civili e sociali, viene neutralizzato, con la creazione di una società destinata ad atrofizzare il proprio pensiero, la propria essenza, conformandosi a un modello che risponde al esigenze e interessi di una esigua elité e di una governance autoreferenziale e autoperpetuante.

Perché la repressione (contro gli attivisti che compiono azioni di disobbedienza civile, contro chi compie occupazioni sociali e abitative, contro chi partecipa ai rave, contro chi manifesta, contro chi lotta per la difesa e l’allargamento dei diritti tout court, contro chi difende il territorio, contro chi prova a salvare le vite dei migranti in mare) non può essere tanto violenta e sproporzionata.
Oggi la repressione, nelle sue varie declinazioni (dalle pene pecuniarie alla detenzione) sta aumentando d’intensità in maniera esponenziale, rendendo impensabile anche solo immaginare ogni azione di lotta o pensiero critico, alternativo alle politiche del sistema egemone e dominante, annientando qualsiasi forma di conflitto, pensiero divergente, possibilità di cambiamento e mobilità sociale.

Ci ritroviamo così una condanna per strage politica (reato previsto dall’art. 285, non applicato, ad esempio, alla strage della stazione di Bologna o alle stragi di Capaci e di via D’Amelio ) per Alfredo Cospito, perché accusato di aver fatto esplodere due ordigni artigianali a basso potenziale nei pressi della scuola Carabinieri di Fossano (Cn) che non determinarono morti, feriti o danni gravi.

Trova così spazio l’estensione del 41 bis, forma di tortura istituzionalizzata, usata per spaventare e annientare chi si pone, con la lotta, al di fuori del pensiero dominante e funzionale: perché la vita dentro un loculo di 2 metri per tre, bagno incluso, senza libri, senza finestre, quando per legge una stanza inferiore ai nove metri quadrati è accatastata come sgabuzzino, è un’agonia, un’esecuzione capitale vissuta ogni giorno.

Questa data non può essere, quindi, una giornata del ricordo della vittoria della resistenza partigiana, ma ci deve ricordare che la lotta si rinnova ogni giorno, a partire da quel 25 aprile 1945.
L’alternanza di governo cambia le parole, ma non la musica.
E ora la banda può cominciare a suonare Bella Ciao e gli ultimi possono continuare a morire, in silenzio.

Liberiamoci ora!

dopo il corteo pranziamo insieme ricordando il nostro compagno Guido

Assemblea Antifascista Saronnese

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SARONNO - In vista della manifestazione organizzata lunedì 25 aprile in piazza Libertà riassunta con lo slogan "Nè con la vostra pace nè con la vostra guerra" il gruppo Assemblea antifascista saronnese condividerà sua serie di riflessioni per spiegare la propria presenza in piazza.

Ecco la prima

La fase di recessione che stiamo vivendo è stata calmierata dal cosiddetto PNRR. Anche solo fermandoci al nome capiamo di cosa si tratta: Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Trattasi, in soldoni, di 220 miliardi di euro (eurobond da restituire con gli interessi) con cui il governo Draghi, che passerà alla storia come il governo dell’intervento in guerra e delle manovre lacrime e sangue, ha predisposto un presunto piano di sviluppo e crescita. L’ambito sanitario è quello che riceve meno fondi, e questo di per sé dovrebbe già dirla lunga sulla propaganda di guerra con cui ci hanno martellato per due anni salvo poi non investire un centesimo né sulla cura né sulla prevenzione. Solo 15 miliardi, di cui 7 per il potenziamento del SSN da un punto di vista digitale. La nostra salute è merce di propaganda o merce di profitto, nulla di più. L’autoproclamata rivoluzione verde è invece la voce più cospicua con ben 60 miliardi. Quali gli effetti di questa tanto diffusa svolta green? Gran parte dei fondi riguardano il superbonus 110% (una mossa decisamente più legata al PIL che all’ambiente). Per quanto riguarda l’energia, anche le associazioni ambientaliste più moderate dichiarano che l’obiettivo di 4,2 GW in più da fonti rinnovabili presentato nel piano è largamente insufficiente anche rispetto ai non ambiziosi obiettivi europei. Sul trasporto locale, si coglie l’occasione per rinnovare parte del vetusto parco autobus con 3360 veicoli, circa un terzo del necessario secondo una stima fatta nel 2020 dai gestori del trasporto pubblico locale, e descritti genericamente come “a basse emissioni”. Sulle infrastrutture la parte del padrone la fanno le grandi opere per l’Alta Velocità con 13 miliardi, contro 1 miliardo per le linee regionali. Si tratta in buona parte di opere già programmate che per poter usare i fondi europei diventano improvvisamente parte della rivoluzione verde. E ancora: nella scuola la maggior parte dell’esigua fetta sarà indirizzata alla digitalizzazione, senza né lavori strutturali né maggiore assunzione di organico.Quella che viene dipinta dal PNRR come grande occasione di crescita è, nei fatti, un aggravamento delle condizioni in cui ci troviamo già attualmente. Con i rincari degli ultimi tempi la fetta di popolazione a rischio povertà è cresciuta in maniera significativa. Il governo ha calmierato momentaneamente il prezzo della benzina fino al prossimo 2 maggio, ma i rincari di luce e gas hanno già colpito le fasce meno abbienti. E intanto il presidente del consiglio rilascia dichiarazioni equiparabili alla freddura attribuita a Maria Antonietta: il popolo scelga se vuole la pace o il condizionatore. Sulle risorse energetiche, connesse a doppio filo con il tanto paventato benessere occidentale, si gioca la partita non solo del governo ma dell’intera Europa. In quest’ottica il quasi raddoppio delle spese belliche sono un monito forte e chiaro che non possiamo permetterci di non comprendere: la guerra genera PIL (le richieste statunitensi di allinearsi al 4% di PIL per la spesa bellica sono sempre più vicine ad avversarsi) e la guerra è lo scenario in cui il governo Draghi sta investendo. Rifiutare le politiche del governo sul fronte interno significa rifiutare anche le politiche sul fronte estero. Il PNRR è lo strumento con cui stanno ulteriormente accelerando il cambiamento in atto nella società, verso una maggior disparità sociale e un acuirsi della povertà. La questione sociale è trattata da Draghi con le camionette che procedono incessanti agli sfratti di occupanti e morosi per i quali nulla è stato pensato se non un futuro prossimo in strada, e con la continua criminalizzazione delle voci contrastanti.

(foto archivio)

18042022

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Sono stati posizionati diversi cartelli con slogan come "stop alla vendita di arma alla Turchia" e "con la rivoluzione e la resistenza curda. Difendiamo il Rojava" e sono state fornite informazioni sul conflitto e la situazione ai tanti pendolari che si sono fermati a parlare con i manifestanti. Presenti anche uomini della Questura, carabinieri e agenti di polizia locale. Una trentina i partecipanti al presidio iniziato alle 18 e proseguito anche con un volantinaggio. Ecco il testo che accompagna il presidio Il 9 ottobre, ancora una volta, il governo turco ha dato inizio ad una operazione militare invadendo il territorio siriano attaccando la Confederazione Democratica della Siria del Nord. Non è la prima volta che un membro della Nato, di cui l’Italia fa parte, attacca un Paese in maniera unilaterale: basti ricordare la Libia nel 2011. L’ Italia non solo è membro Nato, ma commercia armi con il regime di Erdogan per un valore di 362,2 milioni di euro per il solo 2018. Se a questo aggiungiamo i 6 miliardi di euro che l’europa versa alla Turchia per l’esternalizzazione della gestione dei flussi migratori, abbiamo un quadro più chiaro di quanto la guerra in Rojava ci riguardi direttamente. Città, come Kobane, simbolo della lotta contro il fondamentalismo dello Stato Islamico, sono in queste ore obiettivo di un’ingiustificata aggressione militare da parte dell’esercito turco e diverse bande di jihadisti da esso sostenute ed armate. La situazione è sempre più critica: morti e profughi non sono i soli risultati dell’offensiva turca. Infatti a beneficiare di tale operazione sono sopratutto i vari gruppi jihadisti (Al Qaeda e ciò che resta dell’Isis) liberi di compiere i crimini più atroci In 5 anni di guerra oltre 13000 donne e uomini dell ypg/ypj e sdf, hanno dato la vita per sconfiggere il Califfato e costruire una società basata sull’emancipazione delle donne e la tutela di tutte le minoranze etniche e religiose. Per anni, dopo la liberazione, kurdi, arabi, yazidi, assiri, siriaci hanno convissuto pacificamente. L’autonomia del Rojava è l’utopia di un mondo possibile, dove l’interculturalità, una differente e virtuosa relazione tra generi e il rispetto della madre terra vengono costruiti giorno dopo giorno. La rivoluzione è un fiore che non muore! BiJi Rojava!! 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Come sede dell’appuntamento è stata scelta, piazza Portici: una location non inedita per il gruppo che in diverse occasioni ha manifestato in centro a Saronno. Brevissima la nota che spiega la scelta di scendere in piazza “contro la politica razzista dei respingimenti per la libertà di circolazione degli individui”. A chiarire le motivazioni anche l’immagine scelta per la locandina che mostra alcuni migranti sulla nave Aquarius. L’inizio del presidio è previsto per le 16. Facile immaginare che la presenza degli attivisti in piazza, come avvenuto in passato anche su altri temi, sia accompagnata dalla condivisione di materiale e informazioni anche tramite un volantinaggio realizzato sul posto. Come in occasione dell’ultimo presidio organizzato dal gruppo è prevedibile la mobilitazione di carabinieri e polizia di stato che garantiranno la presenza in piazza per la tutta la durata del presidio. 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L'appuntamento è alle 9,30 in piazza Libertà. Ecco il testo che accompagna la locandina condivisa sui social dove non mancano riferimenti alla situazione della città di Saronno e sulla campagna elettorale in corso. La storia non si ripete mai, se non come farsa.
Risulterebbe quindi improprio paragonare questo 2025 a qualche altro periodo della storia più o meno recente. Tuttavia, non è improprio provare a ragionare sul periodo attuale, su quali campanelli d’allarme sentiamo chiaramente, su quali rapide trasformazioni stia prendendo la realtà.
Negli ultimi mesi ne abbiamo sentite di tutte: il partito neonazista AFD che supera il 20% dei voti in Germania. La striscia di Gaza dipinta sui canali social del presidente degli Stati Uniti come Miami Beach. Dazi al 125%. Spese militari al 5%.
L’Europa allarmata da questo repentino irrompere della guerra nel discorso globale si affanna a intraprendere la strada del riarmo, con l’imposizione da parte di Von der Leyen di una spesa di 800miliardi. Evidentemente lorsignori preferiscono la guerra alla sanità, all’istruzione, alle pensioni, all’ambiente, insomma, ai diritti fondamentali delle persone, e investono in armamenti.
In questa cloaca passa quasi sottotono l’approvazione del cosiddetto Dl sicurezza. Una vera e propria manovra da “guerra interna” con cui si marginalizzano fasce sempre più ampie di persone e si preclude alle stesse la possibilità della protesta e del dissenso.
La realtà che abbiamo sotto gli occhi è un mondo apparecchiato per l’accumulo smodato di ricchezze nelle mani di pochi, pochissimi, a fronte dell’annaspare dei più.
In questo scenario in rapida evoluzione non possono mancare i nostalgici del ventennio, che cianciano di interventismo europeo e organizzano ronde contro la marginalità.
Il discorso securitario a Saronno, in vista delle elezioni, ha preso ancora una volta il sopravvento.
Oggi la “sicurezza” è priorità di chiunque si presenti alle elezioni, al punto che una lista civica che guarda all’associazionismo e al volontariato porta il nome di “Saronno Sicura”, lo stesso di una di destra di quindici anni fa.
Un’insicurezza percepita che è figlia del deserto che è stato creato: telecamere ovunque e ordinanze liberticide hanno letteralmente dato il colpo finale ad una libera aggregazione giovanile già fortemente repressa. Adesso gli stessi benpensanti che si lamentavano del vociare o del chiasso dei ragazzi, si lamentano di sentirsi insicuri con le strade vuote.
𝑀𝑎 𝑐𝑜𝑚𝑒, 𝑛𝑒𝑙𝑙𝑜 𝑠𝑡𝑒𝑠𝑠𝑜 𝑡𝑒𝑠𝑡𝑜 𝑝𝑎𝑟𝑙𝑎𝑡𝑒 𝑑𝑖 𝑔𝑢𝑒𝑟𝑟𝑎 𝑒 𝑑𝑖 𝑡𝑒𝑙𝑒𝑐𝑎𝑚𝑒𝑟𝑒?
Sì, perché la guerra è un momento di disciplinamento della popolazione, di restringimento dei margini del consentito, di repressione più feroce.
In questo abisso in cui ci hanno cacciato, le nostre stelle polari rimangono solidarietà e conflitto. La variante umana è un fattore in grado di inceppare questa corsa forsennata, come ha dimostrato la resistenza palestinese diffusasi in tutto il mondo. Nel nostro territorio negli ultimi mesi ci sono stati importanti manifestazioni a Nerviano contro la Leonardo, uno dei principali produttori bellici del Paese, e a Busto Arsizio contro la base Nato e la guerra.
𝑀𝑎 𝑐𝑜𝑚𝑒, 𝑝𝑎𝑟𝑙𝑎𝑡𝑒 𝑑𝑖 𝑔𝑢𝑒𝑟𝑟𝑎 𝑖𝑛 𝑜𝑐𝑐𝑎𝑠𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑑𝑒𝑙 25 𝑎𝑝𝑟𝑖𝑙𝑒?
Contro l’abisso di allora, contro l’abisso di oggi.
𝐋𝐈𝐁𝐄𝐑𝐈𝐀𝐌𝐎𝐂𝐈
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