Pedemontana, i Verdi chiedono al ministro di revocare la concessione
CISLAGO – “Concessioni: il Governo cominci dalla revoca di quella di Pedemontana”. Lo dice Dario Balotta, di Europa Verde.
Riportiamo qui il suo intervento sul tema
Il Governo (quello pentastellato) insiste per revocare la concessione di Autostrade per l’Italia una mossa che corre il forte rischi di rivelarsi un boomerang. Senza rischiare penali miliardarie in una fase critica per le finanze pubbliche, perché per dare il buon esempio e ricordare che il Governo esiste, non si comincia a ritirare le concessioni chi davvero non ha rispettato il contratto, come si può facilmente dimostrare senza perizie sullo stato del cemento, dei piloni o dei viadotti? Prendiamo l’esempio di Pedemontana Lombarda, che vanta una moltitudine di inadempienze. Una concessione, che risale al 1989, assegnata senza gara e che obbliga a realizzare un collegamento completo da Varese a Bergamo: peccato che a 30 anni di distanza l’autostrada non tocchi nessuno dei due terminali, e sono stati costruiti solo tre spezzoni pari a 22 chilometri complessivi sui 67 totali. Poi c’è un contratto firmato nel 2007 con l’allora ministro delle Infrastrutture Antonio Di Pietro, che obbligava la società a versare entro il 2010 oltre 500 milioni di euro di capitale sociale: peccato che a quasi dieci anni di distanza ne siano stati versati poco più della metà, o meglio un quarto, visto che nel frattempo il capitale da versare è salito ad oltre 800 milioni.
Un impegno a finire l’opera prima di Expo 2015, poi entro il 2018, mai rispettati; un contributo pubblico che ad oggi ha pagato l’80 per cento di quel poco che è stato realizzato (per un importo di 1,2 miliardi), imponendo che in cambio fosse garantita la realizzazione totale: peccato che da oltre 5 anni l’opera è ferma e che i cittadini la pagano due volte, con pedaggi carissimi per quelli che la usano, e con le tasse per tutti gli altri; una quantità di contributi oltre i soldi cash: al pagamento dei lavori si uniscono infatti i 300 milioni di garanzia di Regione Lombardia sulla capacità futura di ripagare il debito con le banche, e un’altra da 600 milioni sempre della regione – di pochi giorni fa – a copertura della possibilità che dal traffico non entrino i soldi previsti.
L’unica attività di Pedemontana è pagare lo stipendio a oltre 100 dipendenti: 5 volte quelli di una normale autostrada. E lo fa coi soldi dello Stato. Se davvero si vuole dare un segnale di cambiamento, lo si dia partendo da dove serve: da dove i cittadini pagano una tariffa assurda per un’opera parziale, che hanno già sovvenzionato con le loro tasse e che rischiano di pagare ancora di più in futuro, ad unico vantaggio delle banche che di Pedemontana sono vantaggiosamente socie (oltre al 78,97% delle quote detenuto dalla regione Lombardi, gli altri azionisti della società sono Intesa Sanpaolo con il 13,37% e l’Unione banche italiane con il 3,34%). Il braccio di ferro con Aspi sembra del tutto strumentale. Aspi e gli altri 20 concessionari italiani vanno ridimensionati (come pure i loro extra-profitti) con il tempo che ci vuole per una riforma organica della materia, che preveda delle gare alla scadenza del periodo di concessione invece degli affidamenti diretti nascosti da assegnazioni in house, come successo al Brennero. Il ministro Danilo Toninelli alle Infrastrutture faccia intanto un favore alla collettività: revochi la concessione di Pedemontana, e visto che è stata strapagata con soldi pubblici, faccia sì che torni un’opera pubblica.
01072019