Simone Fontecchio: il meglio deve ancora venire
Simone Fontecchio, uno dei più forti giocatori di basket azzurri, è un caposaldo della nazionale e gioca in NBA. Cerchiamo di conoscerlo meglio insieme, provando a capire quali sono le sensazioni della scorsa stagione e cosa sarà in grado di fare nelle prossime.
Fontecchio: un jolly in grado di ribaltare le partiteL’ascesa di Fontecchio nel panorama NBA ha rappresentato, per noi italiani, un grande momento di soddisfazione. Questo perché il campionato americano, tranne alcune eccezioni come Belinelli e Gallinari, non è mai stato così tanto esplorato dai talenti nazionali. Il numero di giocatori, infatti, che hanno varcato la soglia di questa lega così prestigiosa, si possono contare sulle dita di una mano e Fontecchio è l’ultimo a realizzare un sogno che è sempre il più amato tra tutti gli appassionati di pallacanestro. Conoscere, quindi, la sua carriera è molto importante per chiunque si approcci al basket nostrano e sapere che, solo da free agent, l’anno scorso è stato reclutato da Utah Jazz, fa capire quanto ancora poco si conosca del nostro basket all’estero e quanto sia difficile emergere nonostante un talento raro come quello di Simone. Il salto oltreoceano, comunque, è stata una grandissima soddisfazione per il cestista abruzzese che, nonostante le sfide più che impegnative, ha dato modo ai suoi compagni di potersi fidare di lui in maniera graduale.
Nella sua stagione inaugurale, infatti, Simone ha segnato una media di 6.3 punti e 1.7 rimbalzi per partita, facendo valere il suo affidabile tiro da tre punti con una percentuale del 33%. Nonostante questi numeri promettenti, il ragazzo è consapevole della necessità di un’evoluzione qualitativa che gli permetterà di brillare ancor di più nelle stagioni a venire. Ha raccontato, infatti, con particolare enfasi di quella notte del 14 luglio, quando un’offerta inattesa lo ha proiettato verso la realtà del suo sogno americano, un sogno che è divenuto tangibile nel corso della sua prima partita a Houston, dove ha incantato con un canestro da tre punti a pochi minuti dal suo ingresso in campo.Non dimentichiamoci, comunque, che Simone ha giocato tanto e bene in Europa con successi in club come Virtus Bologna, Olimpia Milano, Alba Berlino, e Saski Baskonia. Le significative partite con la Nazionale, come quella spettacolare in cui ha preso per mano la squadra, portandola a un’insperata vittoria contro la Serbia all’ultimo Mondiale nelle Filippine, lo ha reso un vero e proprio leader, l’uomo a cui aggrapparsi nel momento del bisogno, l’atleta a cui affidarsi per poter risalire la china quando gli altri non hanno più benzina. Quello che è accaduto nelle Filippine non è frutto di un caso ma del lento, e costante, lavoro, che Fontecchio sta facendo da quando gli sono state assegnate più responsabilità sportive. L’anno in America, certamente, è stato formativo perché quella è una realtà in cui, se non convinci, sei subito fuori senza avere neppure il tempo di capire cosa stia accadendo. Non è un caso che l’NBA sia la lega più difficile in cui giocare e non è un caso che i più grandi campioni americani abbiano, sicuramente, una marcia in più rispetto a tanti giocatori di altri paesi nel mondo.
Campionato che, a dire il vero, non fa altro che creare polemiche con questa presunzione, a detta dell’atleta americano Noah Lyles che sostiene che solo l’NBA (con NFL, NHL, MBL, le altre leghe sportive americane) si arroghi il diritto di decretare i propri vincitori come campioni del mondo, come se non esistessero altri paesi in cui si gioca a basket e anche bene. Lyles non è stato affatto smentito negli ultimi mondiali di basket che hanno visto la Germania prevalere sulla Serbia dopo aver battuto proprio gli Stati Uniti in semifinale.Troppa arroganza in un campionato come gli altri? Non esageriamo, giocare in NBA è il sogno di tutti perché l’NBA è una fabbrica di campioni indiscussi. Calcare gli stessi parquet dove hanno giocato Jordan e Kobe Bryant e dove ora giocano LeBron e Kevin Durant è qualcosa di inimmaginabile per qualsiasi italiano che sa, benissimo, che per arrivare a giocare negli USA si deve per forza essere bravissimi. Ne sa qualcosa un grande campione come Andrea Bargnani, il primo italiano ad essere stato scelto come primo nel draft e che, dopo alcune stagioni in chiaroscuro, è statocompletamente dimenticato nel panorama del basket mondiale. Un vero peccato che, siamo certi, non sarà il destino di Simone Fontecchio, un atleta con una grinta fuori dal comune e in grado di spaccare tutto.