25 aprile: il discorso dell’università delle migrazioni
L’Anpi ci chiede oggi, come associazioni solidali, di intervenire sui temi della guerra e delle migrazioni.
Due argomenti che forse un tempo era più difficile considerare legati tra loro: oggi, invece, il dramma dei rifugiati ci fa capire il profondo nesso di causa ed effetto che esiste tra queste due vicende umane.
Di più: le migrazioni ci aiutano anche a capire a quali livelli si articoli oggi la “guerra” contro l’umanità. Perché non solo di guerra guerreggiata stiamo parlando – nonostante Trump e Putin e i tirannelli di turno – ma anche di una guerra più “invisibile”. Fatta di scelte economiche e finanziarie che penalizzano pesantemente vaste aree del mondo: si pensi all’accaparramento delle terre dei contadini da parte di imprese multinazionali in mezzo mando; o a quello dell’acqua, che ha nello Stato di Israele il suo nefasto esempio; si pensi alla politica del debito, un tempo riservata ai Paesi del Sud del mondo, ma che il caso della Grecia ha potenzialmente esteso a ogni Stato anche occidentale.
A questo non è immune nemmeno l’Italia. Lo sapevate che negli ultimi 22 anni l’avanzo primario (cioè il bilancio del nostro Paese prima degli “aggiustamenti”) è risultato attivo 20 volte? Da cosa è dato, allora, il passivo di bilancio? Ma dagli interessi sul debito pubblico, che si continuano a pagare tutti senza batter ciglio, senza rinegoziarli! Sulla base di questo vengono operati continui tagli e – anche in Italia – cresce la forbice della disuguaglianza tra pochi ricchissimi e la stragrande maggioranza della popolazione.
Ecco, allora, che il tema delle guerre e delle migrazioni riguardano ogni cittadino esattamente come quello delle disuguaglianze. Riguardano ognuno di noi, perché sono facce della stessa medaglia.
Allora oggi non basta ricordare la mancata applicazione dell’art.10 (su immigrazione e diritto d’asilo) e dell’articolo 11 (sul ripudio della guerra), ma anche dell’articolo 3, che sancisce l’uguaglianza dei cittadini, che deve vedere lo Stato protagonista della rimozione degli ostacoli che la impediscono.
E scopriremo che i nostri padri e le nostre madri Costituenti avevano già colto questo nesso, avendo collocato tra i primi 12 articoli della Costituzione, cioè quelli fondamentali, questi tre temi. Che oggi proviamo ad attualizzare.
Tornando a dire, ad esempio, che l’Italia oggi è in guerra. Lo è, in quelle che vengono falsamente chiamate “missioni di pace”, una su tutte quella in Afghanistan, dove l’esercito si confonde con la presenza umanitaria di tante organizzazioni non governative, con l’effetto di farci perdere di vista la grande differenza tra una presenza disarmata di pace, si pensi ad Emergency – che cura feriti di tutte le parti in conflitto – e di chi sta a supporto di un’operazione militare.
Ecco perché – nel concreto – andrebbe applicato, dell’articolo 11, il poco citato secondo capoverso, per cui l’Italia, in “un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”. Più che alle esigenze della NATO, alleanza militare che è sopravvissuta alla caduta dell’unione Sovietica, contro la cui presunta minaccia era sorta, perché non destinare fondi alle numerose forme di operazione decentrata che pure i Comuni possono mettere in atto, oppure della cooperazione internazionale, da troppo tempo dimenticata dai governi di turno?
E con altrettanta chiarezza bisogna dire che, con la sua politica estera, l’Italia sta attivamente contribuendo a costringere centinaia di migliaia di persone a emigrare forzatamente dai propri luoghi di dimora. Si pensi ai partenariati strategici con la Nigeria, l’Eritrea, l’Egitto dei desaparecidos come Giulio Regeni; la Libia, con il suo governo inesistente, ma partner di trattati di riammissione di fuggitivi in centri di detenzione allucinanti; e potremmo proseguire citando la Turchia, il Kazakhstan e l’Arabia Saudita, che forniamo delle bombe sganciate sulla testa dei civili in Yemen.
E allora forse, dare accoglienza, integrazione e tutela vere ai rifugiati che fuggono da questi e tanti altri luoghi del mondo, approdando sulle nostre coste, è il minimo risarcimento possibile per la sottrazione di ricchezza, di sicurezza, di ambiente e quindi di possibilità di futuro che le politiche del nostro Paese procurano. E che l’Occidente procura da oltre 500 anni al resto del mondo.
Anche qui ci soccorre la Costituzione. Il comma 3 dell’art.10 è chiarissimo: “Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica”.
E invece, cosa accade?
Accade che “da tempo si invocava una riforma della normativa sull’immigrazione che affrontasse e disciplinasse temi ormai irrinunciabili come l’aumento ed il potenziamento dei canali di ingresso regolari; il riconoscimento di maggiori tutele per chi nasce in Italia; reali misure di integrazione sia per i migranti da anni presenti sul territorio nazionale che per quelli appena arrivati. Tuttavia, le disposizioni del decreto
13/2017 non vanno in questa direzione”. Lo dice, badate bene, la Caritas Italiana, ente difficilmente tacciabile di estremismo politico, sulla recentissima revisione della legge sull’immigrazione fatta dal governo di turno, che introduce – oltre a quanto ricordato dalle associazioni – anche una disparità di trattamento giuridico per i richiedenti asilo, che – per le decisioni che li riguardano – possono ricorrere in tribunale, ma con un grado di giudizio in meno rispetto a tutti gli altri cittadini, italiani e stranieri.
Secondo i maggiori costituzionalisti, è palese innanzitutto la violazione dell’articolo 3 della Costituzione, che sancisce l’uguaglianza davanti alla legge. Inutile, poi, dire che la memoria riporta ai “tribunali speciali” istituiti nel periodo fascista per giudicare determinate categorie di persone.
Perché tutto ciò può accadere? Forse perché siamo in guerra anche qui.
Una guerra strisciante, sempre meno sotterranea. E’ quella contro i rifugiati, i moderni capri espiatori della nostra società. Gli “ebrei” di oggi. Lo dice anche il Papa che i campi per rifugiati sono veri e propri “campi di concentramento” moderni!
Si costruisce una legge per renderli sempre più irregolari e – con i denari che potrebbero favorirne l’integrazione sociale, dando lavoro a migliaia di autoctoni – si costruiscono nuovi campi per imprigionare persone per un reato amministrativo. Poco importa se alla fine il loro rimpatrio avviene solo nella metà dei casi, nonostante la detenzione duri fino a 18 mesi: la popolazione potrà dormire sonni tranquilli…
Ma la guerra contro gli stranieri, che è solo un fronte di quella contro gli esclusi dal “gran ballo del benessere”, si combatte ogni giorno anche qui da noi. Anche a Saronno.
Possiamo chiudere gli occhi e fare finta di non vedere quello che succede e che le associazioni solidali, che qui rappresento, denunciano ogni giorno: genitori che cambiano la scuola ai figli, perché nelle loro classi ci sono troppi bambini stranieri; sportelli comunali dedicati alle pratiche dell’immigrazione chiusi a tempo indeterminato; chiusura dei servizi per rifugiati esistenti e rifiuto ad aprire centri di accoglienza; giovani ed innocui venditori di libri multati con tariffe astronomiche, controlli sempre più pressanti sulle residenze dei cittadini stranieri, anche regolari…
…possiamo continuare a fare finta che tutto questo e molto altro non stia succedendo? No, non possiamo. Anche perché ognuna di queste scelte si ripercuote in disservizi su tutti i cittadini: si pensi all’anagrafe, intasata. O al carico di lavoro della Polizia locale, mentre si assumono vigili e non assistenti sociali.
Eppure i problemi crescono, e sono destinati a crescere. Per tutti. Ma per questo i soldi non ci sono.
In Italia li sta usando per pagare le guerre. Quelle fatte con le bombe e i droni, certo.
Ma anche quelle fatte con l’indebitamento degli Stati, usando i soldi dei contribuenti non per fornire servizi, ma per pagare gli interessi del debito pubblico; o con l’indebitamento privato dei cittadini, che cresce in mancanza di politiche del reddito.
Crescono le disuguaglianze, cresce l’esclusione sociale. Sono cose sempre più evidenti, anche nella nostra comunità: basta avere occhi per vederle.
E vederle è il primo passo per comprenderle.
E dopo averle comprese, per agire.
E’ quello che stiamo cercando di fare, anche nel mondo dell’associazionismo saronnese: con iniziative culturali, di conoscenza, di approfondimento – oggi vedete in questa piazza la mostra sulla nuove destre a Saronno; ma anche di socialità e convivialità, per contrastare il clima di paura e diffidenza che si sta creando.
O quello di repressione, di cui abbiamo memoria anche recente, proprio in questa piazza.
E quindi lo faremo resisteremo così, ma anche ribattendo colpo su colpo, a chi propone risposte “facili”, con proposte precise. Che ripartano dalle persone, dal loro non ignorarsi. Dal capire chi ci sta tutti impoverendo e tutti insieme dobbiamo riconquistare i nostri diritti negati.
Come ci hanno insegnato i partigiani.
Perché è questo che vuole dire “ora e sempre Resistenza”! Che cos’altro, se no?