Indelicato ricorda Tullio De Mauro
E’ mancato ieri 5 gennaio Tullio De Mauro, illustre linguista, filologo, docente universitario, traduttore e Ministro della Pubblica Istruzione dall’aprile 2000 al giugno del 2001 sotto il breve governo Amato.
Lasciamo a persone più ferrate e competenti la valutazione dello studioso (sul cui alto profilo i prestigiosi riconoscimenti lasciano comunque pochi dubbi), e occupiamoci dell’uomo di scuola, facilitati in ciò dall’abitudine di De Mauro di concedere video-interviste chiare e compendiose, che si possono facilmente ritrovare in Rete e che forniscono un prezioso sunto del suo pensiero.
L’intervista cui vogliamo riferirci è quella rilasciata alla giornalista Marina Cavallieri e pubblicata ieri da Repubblica, in cui l’ex Ministro traccia un quadro assai chiaro del modello scolastico che avrebbe voluto realizzato.
Diciamo subito che l’ardito sperimentalismo auspicato dal De Mauro non ci convince, anche perché non si riesce a vedere in esso un’autentica novità, apparendo piuttosto come un distillato di teorie pedagogiche che imperversano nel nostro paese quanto meno dagli anni ’50. Le “strategie nuove” di cui parlava De Mauro trovano sostanza nella cosiddetta “classe capovolta”, un contesto didattico in cui gli studenti “studiano il giorno prima il contenuto della lezione frontale” e poi, in classe, si svolge “un lavoro diverso”, ossia non l’obsoleta (chiosiamo noi) lezione frontale in cui ogni docente insegna la sua disciplina, ma un “convergere di materie e di insegnanti nella stessa classe e nello stesso momento”.
Con tutto il rispetto, viene alla mente il romanzo di Lucio Mastronardi “Il maestro di Vigevano”, di cui molti di noi hanno in mente la trasposizione cinematografica di Elio Petri, con Alberto Sordi interprete del personaggio principale. Chi non ricorda il “Direttore Professore Ispettore Pereghi” il quale, in nome della “scuola attiva, scuola viva” obbliga il maestro Mombelli a scrutare il panorama dalla finestra della sua aula impersonando un marinaio della Santa Maria intento a osservare l’orizzonte alla ricerca delle Indie Occidentali? La classe ne approfitta per strepitare e insultare il compagno che impersona Cristoforo Colombo, e la situazione sfugge completamente di mano al maestro e al direttore. Il libro è stato scritto nel ’62, e già allora, evidentemente, la lezione tradizionale perdeva terreno di fronte a sperimentazioni di vario tipo e discutibile efficacia.
Più oltre nell’intervista, però, il Prof. De Mauro lascia cadere un’osservazione che, diversamente dalla prospettiva pedagogica di cui sopra, apprezziamo molto. “Non abbiamo dai tempi di Gentile un reale ripensamento operativo delle scuole medie superiori” egli dichiara alla giornalista Cavallieri. E’ un riconoscimento non certo ai contenuti del pensiero gentiliano, dal quale pensiamo che De Mauro fosse lontano, ma allo spessore dell’uomo, del pensatore, dell’organizzatore della scuola e della cultura che sedette, tanto prima di lui, al Dicastero di viale Trastevere. E che morì per mano assassina nella primavera insanguinata del ’44.
E tanto ci basta per apprezzare la figura di De Mauro, grande intellettuale e uomo garbato, degno successore, sia pure per pochi mesi, del grande filosofo siciliano.
07012017