Il Collettivo Anopticon rilancia:”La protesta studentesca non è ancora finita”
Ecco la nota integrale
Saronno è una piccola città situata tra la metropoli milanese e la provincia di Varese, gravitante più sulla prima che sulla seconda. Nonostante le dimensioni ridotte, funge da polo scolastico per le città confinanti e conta su una popolazione studentesca piuttosto rilevante, circa 7000 iscritti nelle scuole medie superiori.
Le lotte studentesche a Saronno negli ultimi dieci anni hanno vissuto pochi momenti di vitalità, inframezzati a lunghi periodi di totale silenzio. Dal 2008, anno di mobilitazioni per la riforma Gelmini, si segnala comunque la presenza di un piccolo collettivo studentesco, composto da giovani perlopiù di simpatie anarchiche.
La mancanza di organizzazione e coscienza politica tra gli studenti non ha comunque impedito, ma anzi ha forse favorito, il nascere di svariati cortei selvaggi che, indetti la sera per la mattina, quasi ogni anno dal 2008 ad oggi hanno attraversato Saronno.
Nonostante la città si trovi in una delle provincie più fasciste, leghiste e reazionarie d’Italia, le mobilitazioni non hanno fatto registrare la presenza di gruppi di destra organizzati.
Questo orientamento sembrava confermato anche per il 2012: qualche difficile volantinaggio, uno o due cortei di qualche centinaia di persone a Saronno e qualche insoddisfacente quanto inutile partecipazione ai navigati e noiosissimi cortei milanesi.
Per il 31 ottobre il collettivo studentesco indice un corteo a Saronno. Le assemblee preparative non sembrano lasciar sperare in nulla di eclatante, sebbene si avverta un entusiasmo e una partecipazione maggiori che negli anni passati. La mattina del corteo il risultato è sbalorditivo: circa 3000 persone, dopo i picchetti nelle varie scuole, raggiungono il concentramento. Per ore si percorrono le vie cittadine, tra cori non di richiesta di fondi o “diritti”, ma contro la polizia e per la libertà; viene occupata la rotonda dello svincolo autostradale che rimarrà bloccata per oltre un’ora. Da notare, anche con divertimento, la difficoltà della Polizia nel trattare con i ragazzi. Non essendoci, infatti, un soggetto ben identificabile e organizzato con cui confrontarsi, i vari dirigenti si sono trovati a dover discutere con “capi popolo” sempre improvvisati e che cambiavano continuamente.
Questa giornata avrà grande eco sui media locali; sarà probabilmente la scintilla che porterà altre città della provincia ad essere attraversate da cortei studenteschi nelle settimane a venire: Gallarate, Tradate, Busto Arsizio e Varese. Mobilitazioni di questa entità non si vedevano in provincia di Varese da una ventina d’anni.
Da questo momento si consolida un’assemblea tra ragazzi di tutti gli istituti saronnesi che organizzerà le giornate a venire.
Le settimane seguenti sono piene di appuntamenti in tutta la provincia e non. Qualche centinaio di studenti partecipa ad un immenso corteo studentesco a Busto; il 14 novembre circa 500 studenti saronnesei raggiungono Milano in occasione dello sciopero generale: si apprenderà poi dai media che alcuni tornelli della stazione di Cadorna sono stati danneggiati con della schiuma bianca e l’azienda Trenord paventerà di aver subito danni per 25.000 euro. In seguito a questi due cortei, Busto e Milano, seguiranno assemblee di confronto tra gli studenti. Il nocciolo della questione è la legalità. Si discute lungamente della questione, non senza ottimi spunti di riflessione. Malgrado il rincorrere le frequenti giornate di lotta in questo autunno gli studenti sono riusciti anche a trovare il tempo per approfondire certe tematiche discutendo, magari anche aspramente, a oltranza. Inutile sottolineare come poi questi momenti torneranno tremendamente utili in futuro.
Per proseguire la protesta viene organizzata una settimana di autogestione in tutte le scuole di Saronno, sull’onda di ciò che stava avvenendo nelle scuole di Varese in cui si erano diffusi gli “scioperi bianchi”: lezioni alternative nei corridoi, nessuno in classe, una sorta di autogestione. Queste esperienze avranno esiti alterni: in alcuni istituti più che di autogestione sarebbe più onesto parlare di cogestione, in altri invece la determinazione degli studenti supera l’ostracismo dei dirigenti scolastici. In un caso alla fine della settimana si tenta di occupare la scuola, purtroppo sgomberata dai carabinieri dopo qualche ora.
L’assemblea degli studenti indice un altro corteo per il 5 dicembre, anche questa volta senza autorizzarlo.
I numeri rispetto al 31 ottobre sono inferiori; in piazza scenderanno circa 500 studenti. E’ il salto qualitativo, maturato sicuramente grazie ai tanti momenti di confronto, però a colpire: compare uno striscione rinforzato e la Digos, nei cortei precedenti libera di inserirsi nella manifestazione, questa volta viene individuata e si tenta di isolarla anche grazie all’aiuto di solidali più esperti.
Arrivati davanti alla stazione il corteo sembra intenzionato a bloccare i binari. Il blocco in realtà verrà di fatto attuato da celere e Digos, che sostando sui binari per impedirne l’occupazione impediranno comunque il traffico ferroviario per quasi un’ora.
Nelle settimane seguenti la protesta come prevedibile si sgonfia. Dalla questura di Varese arriva la notizia di 29 studenti denunciati per vari reati, tra cui un tanto assurdo quanto pesante “attentato alla sicurezza dei trasporti”, la cui pena va da uno fino a cinque anni di reclusione.
A giustificare le numerose denunce, per il momento solo annunciate a mezzo stampa, anche il “notevole dispendio di risorse” cui la questura di Varese è andata incontro. La realtà è che, al di là dei soldi spesi, la polizia ha tentato di fermare sul nascere un nuovo movimento imprevedibile, spontaneo e radicale (rispetto a quanto si è visto quest’anno in tutte le città da Milano in su), nato nella Provincia di Maroni, fiore all’occhiello della sicurezza e della pacificazione sociale. Soprattutto se questo movimento ha iniziato ad accettare come proprie e praticare, con l’appoggio di una ampia fetta di studenti, azioni di sicuro effetto, come il blocco dell’autostrada o della stazione ferroviaria.
Al di là dei numeri, è necessario fare una serie di valutazioni sul movimento studentesco saronnese e queste, nonostante i passi in avanti fatti, non sono comunque del tutto positive.
Benché vi sia stato un salto di qualità, sicuramente inaspettato, non è difficile notare come un deficit di esperienza, data la mancanza di un vero e proprio percorso pregresso, e una scarsa coscienza politica abbiano causato non pochi problemi.
L’ingenuità dei ragazzi e la scarsa conoscenza delle situazioni di piazza li ha esposti pericolosamente alla repressione sbirresca e di sicuro molte denunce si sarebbero potute evitare con un po’ di accortezze in più. Qualche miglioramento è avvenuto, grazie alle assemblee e alle discussioni anche con compagni più navigati, ma la strada è sicuramente ancora molta da fare e anni di vuoto conflittuale continueranno ancora a fare sentire il loro peso in futuro.
Questa mancanza di idee e situazioni ben definite hanno anche fatto scaturire delle interessanti quanto significative divergenze all’interno della galassia studentesca. Ai cortei e alle iniziative del collettivo Anopticon, formato in maniera orizzontale e dialogante con i compagni del saronnese, si è venuto a contrapporre un comitato dei rappresentanti, caratterizzato da un approccio più verticistico. Questi ultimi hanno cercato di fare forza sulla legittimità del proprio ruolo di portavoce ed in qualche modo di reindirizzare le proteste in senso più legalitario, buonista e dialogante con le istituzioni (scolastiche e no). Il confine tra la legittimità della rappresentanza e il valore dell’orizzontalità decisionale non è stato mai chiaro, ma è rilevante notare come due approcci profondamente differenti si siano alla fine dovuti scontrare tra loro anche in questo piccolo sistema, così come avviene tutti i giorni in ogni ambito in cui ci troviamo a lottare. Far passare l’importanza della partecipazione, dell’autogestione, dell’autorganizzazione, basata sul confronto orizzontale e antiautoritario, non è compito di secondaria importanza soprattutto quando ci si confronta con persone ancora così giovani e poco plasmate, come possono esserlo gli studenti di una scuola superiore.
D’altra parte fa anche piacere notare come, pur partendo quasi da zero, la spontaneità e intraprendenza degli studenti li abbia portati a superare brillantemente una buona parte delle problematiche che si sono trovati di volta in volta ad affrontare (per esempio, la questione dei picchetti alle scuole, organizzati concordemente in modo da mandare gli studenti di una scuola a picchettarne un’altra, onde evitare ripicche di presidi e professori, e per cercare di incentivare la partecipazione anche nelle scuole più scoperte). In poche settimane di lotta i passi in avanti sono stati esaltanti, e quello che alla fine sembra rimanere non appare affatto di risibile importanza.
Queste considerazioni sulla particolare situazione saronnese devono essere inserite all’interno di una tendenza più ampia, che ci pare di aver visto emergere con forza nell’ultimo anno sul nostro territorio. Vi è stato a nostro avviso un decisivo cambio di direzione nella mentalità soprattutto dei più giovani: mentre fino a qualche anno fa le proteste e le manifestazioni erano bollate come inutili perdite di tempo, appannaggio di qualche sparuto gruppo di disadattati, oggi è forte la sensazione che serva un cambiamento dello stato di cose presente, e che sia necessario che ognuno si adoperi affinché questo avvenga. Quale debba essere questo cambiamento e come raggiungerlo non è chiaro ai più, ma la spinta perché qualcosa si muova si sente e si avverte di anno in anno con più forza. Queste mobilitazioni noi crediamo siano anche il frutto di questa nuova “mentalità” che un po’ tutta Italia pare essersi diffusa.
La domanda che rimane è quale debba essere il nostro ruolo. Formare le giovani menti non è nel nostro interesse, il proselitismo lo lasciamo ad altri. La presenza di solidali più esperti ha aiutato gli studenti, oltre che per questioni di carattere tecnico, a comprendere l’importanza di una partecipazione figlia di decisioni condivise, prese tra pari, senza nessuna imposizione dall’alto. Se speriamo di trovare tra le generazioni che affollano le aule dei compagni, dei solidali o dei complici vale la pena spendersi affinché vengano continuamente messe in dubbio le basi di questo sistema e sempre più spesso si porti conflitto sociale laddove manca da troppi anni.