Ius soli, Veronesi: “Facciamo come in Svizzera”
“Sono stupito di come in un comunicato stampa di una forza politica si dica che lo ius sanguinis sia xenofobo e razzista, dato che è Legge dello Stato Italiano.
Come apprendo dal sito internet del Ministero dell’Interno “lo “ius soli” fa riferimento alla nascita sul “suolo”, sul territorio dello Stato e si contrappone, nel novero dei mezzi di acquisto del diritto di cittadinanza, allo “ius sanguinis”, imperniato invece sull’elemento della discendenza o della filiazione. Per i paesi che applicano lo ius soli è cittadino originario chi nasce sul territorio dello Stato, indipendentemente dalla cittadinanza posseduta dai genitori.”
“La legge 91 del 1992 indica il principio dello ius sanguinis come unico mezzo di acquisto della cittadinanza a seguito della nascita, mentre l’acquisto automatico della cittadinanza iure soli continua a rimanere limitato ai figli di ignoti, di apolidi, o ai figli che non seguono la cittadinanza dei genitori.””Altri modi per acquistare la cittadinanza sono la “iure communicatio”, ossia la trasmissione all´interno della famiglia da un componente all´altro (matrimonio, riconoscimento o dichiarazione giudiziale di filiazione, adozione), il “beneficio di legge”, allorché, in presenza di determinati presupposti, la concessione avvenga in modo automatico, senza necessità di specifica richiesta, e, infine, la “naturalizzazione”. Questa comporta non una concessione automatica del nuovo status ma una valutazione discrezionale da parte degli organi e degli uffici statali competenti.”
Detto questo bisogna redarguire chi fa cattiva informazione e vuole limitare la capacità dei cittadini di comprendere appieno il senso della propria cittadinanza.
Una corretta informazione ai cittadini è necessaria per sviluppare una democrazia partecipativa degna di questo nome. Sono stupito del fatto che chi dice di voler essere democratico parli a vanvera di ius sanguinis cercando di deformare la capacità di percezione del cittadino di comprendere cosa comporta questo sistema rispetto allo ius soli.
In passato ho avuto modo di criticare il sistema di naturalizzazione dello ius sanguinis effettuato nello Stato italiano, dato che io non sono d’accordo sul fatto che siano organi dello Stato, che non sono eletti dai cittadini, possano decidere a chi concedere la cittadinanza in modo discrezionale (per usare lo stesso termine presente sul sito del Ministero dell’Interno italiano).
Personalmente io sarei favorevole all’adozione del sistema democratico di naturalizzazione che si applica in diversi Cantoni della Confederazione Elvetica, dove è il Consiglio Comunale a votare caso per caso per la concessione della cittadinanza, in modo che il cittadino straniero che richiede la naturalizzazione sia valutato in modo meno asettico.
Diventare cittadino vuol dire entrare a far parte a pieno titolo della comunità ospitante, per cui significa condividere le responsabilità, i doveri e i diritti della democrazia.
Se i diritti democratici possono venire concessi anche agli stranieri, come in Italia viene fatto, la responsabilità ed i doveri della democrazia non possono essere acquisiti senza vivere all’interno della comunità e condividendone almeno parte i valori.
La naturalizzazione è una questione di democrazia e non deve essere legata solo al suolo di nascita.
E’ giusto, dato che la cittadinanza è una questione di democrazia, che sia un organo democraticamente eletto come ad esempio il Consiglio Comunale a poter decidere caso per caso chi naturalizzare. E’ giusto sia per il cittadino che chiede la naturalizzazione, dato che deve dimostrare di essere parte integrante della comunità ospitante dimostrando senso di responsabilità e dovere civico. D’altro canto è giusto che la naturalizzazione avvenga per mandato popolare tramite gli eletti dei cittadini, dato che è una questione strettamente legata alla continuità della democrazia.
Lo ius soli non dà certezza dell’avvenuto processo di naturalizzazione, ovvero di condivisione sia dei doveri, sia dei diritti di cittadinanza, dato che non garantisce che l’individuo sia rimasto a vivere nella nostra comunità in maniera continuativa.
Potrebbe benissimo succedere che chi nasce su territorio dello Stato, decida di vivere per buona parte della propria vita in un’altro Stato diverso in cui valori e cultura sono completamente diversi, tali da essere in alcuni casi incompatibili non solo con i modi di vita, ma anche con il Diritto della Repubblica. Come sarebbe possibile avere cittadini che non condividono ad esempio l’uguaglianza tra individui, il diritto della famiglia, il diritto al lavoro, il diritto alla propria individualità e alla vita, tutte cose che la maggior parte dei nostri concittadini ritengono scontate in Italia e in Padania, ma che non sono scontate in altri Stati.
E’ giusto che la naturalizzazione avvenga al compimento del 18esimo anno d’età del cittadino, in modo che sia l’individuo stesso a decidere in piena coscienza e con la dovuta maturità se vuole partecipare a pieno titolo alle responsabilità, ai doveri e ai diritti della cittadinanza della nostra Repubblica.
08102013