Appello per piazza XX settembre, Gilli: “Che senso avrebbe nel 2015?”
SARONNO – Riceviamo e pubblichiamo la replica dell’ex sindaco Pierluigi Gilli alla lettera aperta inviata da Antonio D’Eramo per chiedere al primo cittadino Alessandro Fagioli di intitolare una piazza al “XX settembre 1870”
Caro D’Eramo,
come ricorderà, Le ho già espresso anni fa le mie considerazioni in merito alla Sua proposta.
Nonostante il trascorrere degli anni, ritengo tuttora pleonastico dedicare una strada alla data del 20 settembre 1870, sia per ragioni pratiche (non mi risulta che ci siano strade disponibili, mentre il cambiamento di denominazione di una strada esistente comporterebbe troppi e notevoli disagi ai cittadini), sia per opinioni personali.
Paolo VI, nel 1970, ebbe modo di definire come frutto della Provvidenza la debellatio dello Stato Pontificio e la fine del potere temporale dei Papi: rifletteva il Pontefice che, da allora, la Chiesa si è liberata degli impacci e degli impicci dell’amministrazione concreta e si è potuta dedicare più intensamente alla sua missione metafisica. La questione romana, che ha inquinato la vita politica del Regno d’Italia per quasi 60 anni, è stata definitivamente composta con i Patti Lateranensi, richiamati espressamente dall’art. 7 della Costituzione repubblicana, modificati ed attualizzati con l’Accordo di Villa Madama del 1984.
La laicità dello Stato – non dichiarata in modo espresso dalla Costituzione – è stata definita in modo esemplare dalla Corte Costituzionale, in particolare con la sentenza n. 203 del 12 aprile 1989, secondo la quale il principio di laicità «implica non indifferenza dello Stato dinnanzi alle religioni ma garanzia dello Stato per la salvaguardia della libertà di religione, in regime di pluralismo confessionale e culturale»; infatti «l’attitudine laica dello Stato-comunità… risponde non a postulati ideologizzati ed astratti di estraneità, ostilità o confessione dello Stato persona, o dei suoi gruppi dirigenti, rispetto alla religione o ad un particolare credo, ma si pone a servizio di concrete istanze della coscienza civile e religiosa dei cittadini».
Ritengo, personalmente, che in nessun altro Paese al mondo vi sia un sistema giuridico più rispettoso della libertà religiosa (che comprende ovviamente anche la libertà di areligiosità) di quello italiano, in cui appunto il sistema della separazione collaborativa costituisce un unicum di equilibrio de facto e di normativa de jure, che – per gli ottimi risultati che ne sono scaturiti – potrebbe essere usato come modello di democrazia anche in altri ordinamenti.
La Corte Costituzionale, mèmore degli articoli della Costituzione che trattano del fenomeno religioso vi ha saputo riconoscere la ratio che i padri costituenti vi vollero immettere, seppure nella molteplicità delle opinioni – da cui derivò uno stabile compromesso tra culture divergenti.
Nell’interpretazione della Consulta, la Costituzione è ricognitiva:
i. della peculiare storia e cultura italiana, da due millenni legata al Cristianesimo;
ii. della profondità della tradizione popolare italiana, ampiamente intrisa di religiosità;
iii. della tolleranza del popolo italiano, da secoli abituato ai contatti con popoli stranieri e caratterizzato da uno spirito universalisticod’origine romana e fomentato e vivificato dalla Chiesa cattolica;
iv. della religione come forma di aggregazione sociale meritevole di tutela e di sostegno per il concorso dei culti al progresso dell’uomo e del cittadino.
Tutti questi elementi concorrono alla libertà religiosa più ampia, che nessuno – se non animato da spirito oltranzista o giurisdizionalista – mette in dubbio nel nostro Paese, anche in questi momenti di difficile convivenza derivante dall’immissione numericamente elevata di fedeli di culti non propriamente tradizionali in Italia.
Il 20 settembre 1870, quindi, a mio avviso, deve essere inserito in una chiave di lettura molto più larga di quella dell’inesausta contrapposizione tra cattolici e laici, che aveva una sua ragione di esistenza 145 anni fa, ma che oggi, in un mondo secolarizzato, appartiene alla storia passata, superata dall’equilibrato sistema cui ho sopra fatto cenno.
Mi domando, quindi, che senso abbia, nel 2015, riproporre ancorché simbolicamente un elemento di divisione che ha molto pesato sulla storia d’Italia, mentre – piuttosto – ci si dovrebbe dedicare con tutte le energie a riscoprire e ad attuare i valori comuni e fondanti della nostra convivenza.
Lei lamenta che la Chiesa cattolica si ingerisca nella politica nazionale: mi duole non essere d’accordo; la Chiesa cattolica, al pari di qualsiasi altra forma aggregativa, ha il diritto costituzionalmente garantito a chiunque (cfr. l’art. 21 della Costituzione) di esprimere le proprie opinioni, che possono anche essere contrastanti con il comune sentire che si è formato nel tempo nel popolo italiano (i due referendum sul divorzio e sull’aborto sono molto significativi in proposito); nondimeno, esprimendosi pubblicamente, la Chiesa cattolica richiama la propria legittima, millenaria dottrina, né ciò le potrebbe essere impedito se non in un regime illiberale.
A conclusione, ritengo inutile ed inattuale la dedicazione di una strada al 20 settembre, soprattutto perché sarebbe ulteriormente divisivo e rispecchierebbe una mentalità non laica, ma laicista, con uno strascico di disagio in molti, di cui non si sente – a mio parere – proprio il bisogno.
L’argomento meriterebbe ben altri approfondimenti, ai quali mi dedico abitualmente con i miei studenti di diritto ecclesiastico; l’occasione di una e-mail non è adatta all’uopo; resto, comunque, a Sua disposizione per un’eventuale continuazione del rispettoso dialogo in punto.
Con viva cordialità.
Pierluigi Gilli
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Commenti
Deduco quindi, dalle conclusioni dell’intervento, che Paolo Sesto non aveva le idee chiare quando considerava Porta Pia frutto della Provvidenza.
A dar ragione a Montini, l’apposizione della targa di via XX Settembre dovrebbe infatti vedere un concorso di laici e credenti, preti e suore. La Provvidenza che, attraverso lo strumento terreno di un drappello di bersaglieri, riporta la Chiesa in asse con la sua missione spirituale.
Invece, nella coda dell’intervento di cui sopra, Porta Pia rimane elemento “divisivo”.
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Rispondo al Sig. Anonimo (anche se si qualifica con 29 maggio 1176). Ricordo che la data 29 maggio 1176 rievoca la battaglia di Legnano e per questo si potrebbe dedurre che si tratta di un…simpatizzante leghista.
Comunque, questo è un dettaglio.
Il Sig. Anonimo crede di individuare delle contraddizioni nell’articolo, ma non esprime la sua opinione, ad esempio: se
Paolo VI aveva le idee chiare o meno relativamente a Porta Pia. Se sia opportuna o meno una via XX Settembre. Il tutto naturalmente con solide motivazioni.
Sig. Anonimo faccia conoscere la sua opinione.
Chi scrive è pronto ad essere…illuminato.-
E perché dovrei illuminare, io che cerco la luce? Mi par di capire che “credere di individuare delle contraddizioni” sia un peccato di lesa Erudizione. Non esageriamo. L’articolo del prof. Gilli è dotto e molto interessante. Meglio chi ha cose da dire, e da dire bene, che chi straparla e strascrive.
29maggio1176: i gloriosi comuni lombardi (e sopra a tutte la mia amatissima Milano) stavano col partito guelfo in funzione antiimperiale. Io sono ghibellino. Quel giorno, come Baudolino, stavo con l’Imperatore ( e con Dante, se il Sommo Poeta fosse nato qualche annetto prima). Quindi quella data ci ricorda una confitta.
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Gentile Signore/a,
la nota affermazione di papa Paolo VI si può, da parte cattolica, condividere o non condividere, non essendo questione di fede o di morale.
A me in verità è sempre sembrata discutibile, nel senso che quando lo Stato italiano si impadronì dello Stato della Chiesa, l’avvenimento fu vissuto dal Pontefice Pio IX e da buona parte degli uomini di Chiesa come un’ingiusta aggressione, quindi come un grave vulnus il quale venne per decenni e decenni denunciato da chi sedeva sul Soglio. Ora, mi è sempre parso troppo facile – un secolo dopo e con una situazione sociale e politica del tutto mutata – dire che quella conquista fu un bene. Troppo facile e ingeneroso nei confronti di quanti allora, con le loro ragioni, la vissero diversamente (penso ad esempio a Don Bosco).
Con questo non voglio dire che Porta Pia non fu un evento positivo, ma che si deve tenere conto delle circostanze storiche e non giudicare col senno del poi.
Una circostanza di rilievo, ad esempio, è che lo Stato della Chiesa era uno stato perfettamente legittimo. Non era nato da usurpazione e da strage: non era l’ ISIS. Si era formato gradatamente nell’età tardoantica intorno alla figura del successore di Pietro il quale esercitava funzioni politiche perché non vi era una compagine politica in grado di esercitarle efficacemente, tanto l’Italia centrale era stata devastata da guerre e carestie.
Inoltre non dimentichiamo che la conquista dello Stato della Chiesa fu resa possibile dalla rovinosa sconfitta della Francia ad opera della Germania bismarkiana, sconfitta che le rese impossibile garantire, come aveva fatto fino al 1870, l’integrità dei suoi territori. In altre parole il governo italiano guidato da Lanza approfitta della disgrazia francese per ottenere quello che voleva.Non fu insomma, propriamente, un gesto sportivo.
Intendo dire che non doveva farlo? Naturalmente no: la storia aveva offerto un’occasione irripetibile, e bene fece l’Italia ad approfittarne. Ma buone ragioni, come ho cercato di dimostrare, erano da entrambe le parti.
Anche se, per gli amanti del senno di poi, sembra che chi vince sia il portatore di ogni verità, e che chi soccombe sia un essere nefando , o che tutt’al più lo si debba collocare nello sgabuzzino delle cose vecchie e un po’ imbarazzanti.Saluti
Signor Indelicato magari qualche altro esempio per par condicio poteva farlo premi nobel per la pace ad esempio…
Poi se il quartiere si fosse chiamato Mussolini eravamo in un altra Italia per me peggio di questa ma ognuno la pensa come vuole e come può’
Grazie Gilli e un grazie ad Alfonso Indelicato ….un piacere leggervi…Un saluto ad entrambi.
Per quanto riguarda l’evento da ricordare con intitolazione stradale trasmetto il mio completo dissenso.
Gentile Avv. Gilli,
ho letto con interesse e piacere questo Suo intervento e ne ho subito fatto un copia-e-incolla, considerandolo quanto meno una “summula” di ciò che concerne i rapporti fra la Chiesa e lo Stato italiano, che potrò utilizzare come fonte quando mi servirà.
Sono anche d’accordo con Lei per quanto riguarda l’impronta verosimilmente laicistica (e non semplicemente laica) della proposta del Sig. D’Eramo.
Mi permetta però qualche osservazione in margine al Suo ragionamento.
La toponomastica stradale – così come l’erigere una statua raffigurante un dato personaggio piuttosto che un altro, l’intitolazione di una scuola a Tizio piuttosto che a Caio e, a un livello pop, la pittura di un murale – risponde sempre a un interesse politico-ideale presente. Presente, cioè, al momento in cui se ne fa proposta.
Ad esempio le vie, le piazze e i monumenti che ricordano il Risorgimento sono in buona parte di età umbertina, quando si cercò di porre in essere (spesso in effetti con venatura antireligiosa) la cosiddetta “religione della Patria” (cfr. M. Baioni, La “religione della patria”, Treviso 1994). La varie vie e piazze “XX settembre” sono state così intitolate in questa fase storica.
A Saronno esiste una via “Carlo Marx” (opportunamente, a mio avviso, striminzita e periferica) che sarà ovviamente posteriore al ’45. Sarebbe interessante, per me, sapere quando e da chi tale proposta sia stata fatta ed accolta.
Mi dicono che il saronnese “quartiere Matteotti” si chiamasse quando fu costruito “quartiere Mussolini”. E forse con qualche ragione in più, perché il compianto Matteotti, fra le tante importanti cose che fece, con questo quartiere e le sue belle case popolari (mi riferisco a quelle edificate nel ventennio, non a quelle fatiscenti costruite in democrazia) nulla ebbe a che vedere. Però, anche qui, l’ideologia ebbe il sopravvento su un principio più realistico.
Saltando di palo in frasca il monumento a Giordano Bruno – Lei questo lo saprà certamente – fu eretto in Campo dei fiori (luogo dove il frate eretico fu bruciato) anche su sollecitazione del capo del Governo Crispi, allora impegnato in un’aspra disputa contro la Chiesa.
E che dire del busto di Togliatti alla Camera?
Insomma, quello che voglio ricordare è che la toponomastica non è mai il prodotto di una scelta asettica, puramente raziocinante. Prevalgono visioni di parte, revisionismi faziosi, ingenerosi revanscismi.
Ne deriva che personaggi e vicende che non meriterebbero di essere ricordate lo sono, mentre altri che meriterebbero ben più di un cenno non hanno, a ricordarli, neanche un graffito su un muro scrostato di periferia.
con stima
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E le foibe?
Almeno Gilli ha risposto, almeno ha dato un’opinione, l’unico che non da segni della sua esistenza , che ci fa sentire davvero abbandonati è il sindaco leghista e i suoi assessori…
Vabbe’ sembra che avere grande considerazione e condivisione per l’estremanete articolato intervento di Glli, sia una cosa negativa….
Io non vedo problemi a che la Chiesa Cattolica esprima, anche con forza, il suo pensiero e il suo magistero. Non è solo un suo diritto; è anche un nostro diritto fruire di questo pensiero che arricchisce. Io a dir la verità i problemi li vedo in chi guida pro tempore le istituzioni repubblicane, inclini spesso a prostrarsi a quel pensiero per puro calcolo. Eppure avevo letto che De Gasperi, a cui tutti sembrano ispirarsi, non si era mai “prostrato”, benché ben più cattolico di tanti sé-dicenti cattolici ( le varie Santanché ect).
A me comunque, fermi gli argomenti anche pratici avanzati dal prof Gilli, una via XX Settembre non turba, come non turba una via Josemaria Escrivà de Balaguer. Quel che conta in un atto, per non appare divisivo, è farlo con onestà intellettuale, non imbracciarlo come un bastone ideologico.
Ecco , qualsiasi altro pensiero od accezione a quanto espresso qui dal nostro illustre cittadino Sindaco Gilli , diventa quindi inutile, per quanto mi riguarda. Penso anche che questa proposta riproposta dal sig. D,erano , non sia altro che una provocazione verso l,attuale amministrazione Leghista, che come sappiamo e condivido, non è molto innamorata di tutto ciò che concerne Roma e quanto altro. Cisono ben altri problemi ben più grossi in questo paese allo sfascio.
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e io che pensavo che il benealtrismo facesse parte del bagaglio culturale della sinistra…voglio vedere come qualcuno potrà barcamenarsi tra i fendenti recenti verso la Chiesa Cattolica e l’andare in chiesa e difendere i sacri valori della Padania, altro che XX settembre 🙂 questo sì che mi interessa
concordo.
certo la storia scritta da studenti di diritto ecclasiastico….il mondo alla rovescia
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Forse non Le è chiaro che Il diritto ecclesiastico è un ramo del diritto PUBBLICO italiano, che si occupa della libertà religiosa, come contemplata dagli artt. 2, 3, 7, 8, 19 e 20 della Costituzione (che include il diritto di areligiosità = ateismo, agnosticismo) e delle relazioni tra lo Stato ed i culti attuali e nel corso della storia…