Elogio dei muri, composizione di Alfonso Indelicato
ELOGIO DEI MURI
di Alfonso Indelicato
Or sono millenni
nel mondo senza storia
correvano la terra
genti fosche e feroci
in cerca di preda e di guerra.
Dai rami spiccavano i frutti spontanei,
del nemico dal busto le teste
che ornavano il collo ai cavalli
che montavano a pelo.
Nei fiumi limacciosi
ghermivano pesci
che mangiavano crudi
e crude sbranavano carni
della belva villosa
nella forra abbattuta
a colpi di mazza.
E ne partiva l’orda sazia,
le fauci lorde di sangue,
urlando, ebbra di stolida
gioia feroce.
Uccidere, predare,
era unica legge a quel tempo,
e nulla di durevole
e nulla di fecondo
era a quel mondo.
Finché un figlio di Evaun capo doveva egli essere
cui pure non era spiaciuto, finora,
il saccheggio e lo stupro –
forzò la sua gente atroce
a mutare il costume
di correre il mondo a fare mattanza.
Intravista un’ampia radura
(doveva essere questa
presso di un fiume,
e non lungi dal bosco)
ordinò che svellessero i tronchi
e con questi saldamente commessi
lo spiazzo cingessero.
Poi disse a suo modo,
col rozzo linguaggio
di urli e mugolii e cachinni
nato a ordinare la strage
e spartire la preda:
“Questo limite è sacro.
Cinge una terra
dove noi vivremo
certi che all’alba seguirà il tramonto.
Non temeremo il ladro
né l’omicida
e ad altro attenderemo
che a strage e razzia.
Sarà ristoro dopo la battaglia
e quiete operosa
e risa di donne e bimbi
e intorno al fuoco noi uomini
nel dolce stupore del succo dell’uva
avremo progetti
per la vita che viene”.
Poi continuò:
“Nessuno ardisca di entrarvi
senza il nostro permesso.
E quando vi sarà l’estraneo accolto
sempre ricordi di essere ospite,
mai – dico mai – il padrone.
E così sia, mia gente.
Questa casa comune ecco ti dono”.
Certo lo disse a suo modo,
con urli e mugolii e cachinni
con cui prima ordinava la strage
e spartiva la preda.
Taceva il suo popolo,
ascoltandolo attonito.
Non sapeva l’eroe
non sapeva il suo popolo
che la Storia iniziava quel giorno.
11032017