Ospedale di Saronno, già 100 firme al presidio permanente
SARONNO – Il gazebo con il cartello “L’ospedale non si tocca” è stato allestito solo nella mattinata di lunedì eppure sono già un centinaio le firme di sostegno raccolte dagli attivisti del comitato “Il Saronnese per l’ospedale e la sanità pubblica”.
Insomma sono diverse le persone che leggendo i volantini distribuiti o ascoltando i volontari presenti decidono di condividere la battaglia per l’ospedale. Ma quali sono le richieste del comitato che ieri ha consegnato una lettera anche al direttore generale Eugenio Porfido dopo quelle del direttore di presidio Roberta Tagliasacchi e al sindaco Augusto Airoldi?
“Innanzitutto che l’ospedale di Saronno non chiuda: questo è il pericolo, dato che ancora non si sa se il reparto di Anestesia e Rianimazione – vitale per l’intera struttura – avrà copertura di turni dal prossimo 1 luglio”.
Il comitato chiede anche che il presidio “non venga privatizzato di fatto, attraverso il ricorso sistematico alle cooperative e ai liberi professionisti “a gettone” per coprire le posizioni di personale oggi scoperte dal personale assunto dalla sanità pubblica”.
Ci sono poi alcune richieste specifiche legate al piano Bertolaso per il rinnovo dell’ospedale: “Chiediamo che l’insufficiente “Piano di rinnovo” dell’ospedale di Saronno presentato dalla Regione Lombardia dopo la manifestazione del 15 aprile scorso, con oltre 1000 abitanti del Saronnese in piazza, venga sostituito da un vero “Piano di rilancio” che abbia
- pianificazione degli investimenti di durata almeno decennale (contro i due anni dell’attuale), per delineare la nuova identità dell’ospedale;
- tempistiche chiare per il ripristino della pianta organica del personale strutturato (cioè pubblico) e la riapertura dei reparti ai livelli pre-COVID;
- abbattimento conseguente delle liste di attesa illegali attualmente previste per visite ed esami, che costringono sempre più persone a ricorrere alla sanità privata o addirittura a smettere di curarsi;
- integrazione dei servizi ospedalieri con la sanità territoriale, attraverso una chiara definizione di funzioni del ruolo delle Case di Comunità e dei Medici di Medicina Generale (medici di famiglia);che la casa di comunità oggi in clamoroso ritardo di attuazione costituisca un effettivo presidio di medicina territoriale, capace di fare prevenzione e intercettare i primi bisogni socio-sanitari della popolazione, sgravando il Pronto Soccorso dell’ospedale e i medici di medicina generale e garantendo una presa in carico più completa dell’utente;
E non manca una richiesta specifica per il problema del medici di famiglia sentitissimo nel Saronnese per i quali chiedono “un piano per evitare che i medici di medica generale entro tre anni riducano così fortemente la loro presenza a causa di un massiccio pensionamento senza turnover adeguato da lasciare senza questo servizio fasce crescenti di cittadinanza e che si pianifichi che tornino ad essere in un numero sufficiente ad evitare il congestionamento di pazienti attualmente già in essere, che abbassa la qualità delle prestazioni”.
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