Saronno, discorso del sindaco sull’intitolazione a Matteotti: “Confermiamo un’irrevocabile scelta di campo per la democrazia”
SARONNO – Riceviamo e pubblichiamo il discorso del sindaco Augusto Airoldi all’intitolazione del quartiere di Saronno a Giacomo Matteotti.
Autorità civili e militari, care concittadine e cari concittadini,
tutti noi ricordiamo con riconoscenza il dott. Agostino Vanelli, nominato dal Cln Alta Italia, primo Sindaco della Saronno liberata e in carica fino al marzo 1946 quando, anche a Saronno, si svolsero le prime elezioni amministrative a suffragio universale che, riflettiamoci, videro una affluenza oggi impensabile: si recarono alle urne l’86% delle donne e l’85% degli uomini aventi diritto.
Amato e stimato ben al di là della sua parte politica, sappiamo che Vanelli era, sì, un comunista convinto, ma un comunista riformista e in quegli anni questa sua tensione rappresentava una sorta di eresia in seno all’allora PCI.
È lo stesso spirito riformista che, ben vent’anni prima, già animava Giacomo Matteotti, deputato socialista, segretario del Partito Socialista Unitario e fermo oppositore del regime fascista, che proprio a seguito della sua determinazione a denunciare senza sconti la progressiva demolizione delle libertà garantite dallo Statuto Albertino e le crescenti illegalità commesse dalla nascente dittatura, il 10 giugno 1924 fu vilmente e barbaramente assassinato dai sicari di una delle tante squadracce di cui il regime fascista si serviva per togliere di mezzo i propri oppositori. Peraltro, di quel clima di violenza che portò anche all’assassinio di Matteotti, lo stesso Mussolini si assunse piena «responsabilità politica, morale e storica» anni dopo. Possiamo quindi affermare che il mandante dell’assassinio Matteotti fu Benito Mussolini.
È molto significativo sottolineare questa affinità elettiva tra due grandi uomini quali Giacomo Matteotti ed Agostino Vanelli, pur a vent’anni di distanza. Una affinità che dimostra come l’impegno di Matteotti trovò poi eco nella lotta di Liberazione e nella scelta repubblicana del popolo italiano.
Nell’attuale contesto socio-politico per non pochi di noi, soprattutto i più giovani, i nomi di questi due storici partiti della sinistra italiana, (PCI e PSI) e l’aggettivo riformista, rischiano di non avere più il loro significato originario. Ma se torniamo agli anni del ventennio fascista, al periodo prebellico e bellico e ai successivi anni ’50 e ’60, dobbiamo ricordare che l’intensa collaborazione tra socialisti e comunisti, iniziata nel ’36 e proseguita nel periodo bellico, in quello della lotta partigiana, della liberazione e del primo e secondo dopoguerra, venne ad incrinarsi fino ad interrompersi dopo le clamorose rivelazioni del cosiddetto “rapporto Chruščёv” sui crimini dello Stalinismo e lo choc, provocato anche in Italia, dalla spietata repressione della rivolta popolare ungherese da parte dell’Unione Sovietica, nel 1956. E il discrimine fu proprio il riformismo.
Il quartiere nel quale ci troviamo e che siamo stati abituati a chiamare “villaggio Matteotti” fu fermamente voluto dai fascisti saronnesi, affidato alla progettazione dell’ing. Edoardo Flumiani, che si ispirò al cosiddetto stile architettonico fascista, e gli fu dato il nome di “villaggio Impero – Arnaldo Mussolini”, in quanto inaugurato successivamente alla guerra d’Etiopia del 1935-’36, e dedicato al fratello del Duce.
Successivamente alla liberazione dal nazifascismo del 25 Aprile ’45, una delle prime iniziative della Saronno post-bellica del Sindaco A. Vanelli, il 10 giugno 1945, fu quella di posizionare la targa che vedete sulla parete alle mie spalle, una targa che testimonia l’inequivocabile volontà dei saronnesi di allora di cambiare nome a questo quartiere. Una targa che, logorata dal trascorrere degli anni, fu restaurata a cura della Società storica Saronnese, a quel tempo presieduta dall’indimenticato Angelo Proserpio, il 13 giugno 2021, quando ci trovammo qui per una commossa e partecipata cerimonia. Quello dei nostri padri e nonni fu un chiaro segno di rottura con il passato e di apertura al nuovo che lasciava presagire la successiva e convinta scelta dei saronnesi di schierarsi per la Repubblica nel Referendum istituzionale del giugno 1946.
Ci troviamo quindi in un luogo che racconta importanti avvenimenti della storia del nostro Paese, non solamente della nostra città.
La ricorrenza che celebriamo oggi, i cento anni dal vile assassinio di Giacomo Matteotti per decisione personale di Benito Mussolini, è quanto mai propizia perché la nostra comunità compia un ulteriore passo che consacri nel tempo la sua riconoscenza a Matteotti, perché è anche grazie a uomini come lui se oggi viviamo in uno stato democratico.
E vogliamo sia chiaro da che parte stanno i saronnesi nel momento in cui Poste italiane dedica, contemporaneamente, un francobollo a Giacomo Matteotti ed uno a Italo Foschi, che invece del fascismo è stato uno dei più violenti esponenti, uno squadrista, un persecutore degli ebrei e un fiancheggiatore dei nazisti.
Oggi siamo qui per intitolare formalmente questo luogo a Giacomo Matteotti: la Giunta comunale ha già assunto formale delibera in merito e l’ha inoltrata alla Prefettura di Varese perché possa compiere gli atti di sua competenza.
Questo gesto, compiuto dalla mia Amministrazione, non vuole essere solamente simbolico, un modo per svolgere, anche a Saronno, una delle tante celebrazioni che l’Italia sta giustamente dedicando a Giacomo Matteotti. Neppure il solo aderire, seppur convintamente, alla istanza avanzata dalla Società Storica Saronnese e dal Comitato Giacomo Matteotti della provincia di Varese, entrambe presiedute dal prof. Nigro.
Vuole anche significare una ulteriore attenzione ad un quartiere nel quale stiamo investendo significative risorse, con il quale vogliamo collaborare sempre più strettamente e che è alla vigilia di interventi di rigenerazione che dovranno essere un valore aggiunto non solo per il quartiere stesso, ma per l’intera città.
Soprattutto vuole confermare pubblicamente una chiara ed irrevocabile scelta di campo per la democrazia, le istituzioni repubblicane, la nostra Carta costituzionale. Una scelta che si colloca in un periodo storico che, Dio non voglia, vede l’orizzonte europeo rabbuiarsi di ideologie che, forse troppo frettolosamente, per anni, abbiamo considerato definitivamente condannate dalla storia e che non dovranno avere nuovamente il sopravvento. Lo dobbiamo a Giacomo Matteotti, lo dobbiamo ai nostri figli e ai nostri nipoti.
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