Basket: dopo la rinuncia alla B Saronno perde l’allenatore dei record, “infinita amarezza”
Ed eccoci qua, non so se doveva finire così, forse con poco poteva finire diversamente. Troppo orgoglio, troppa ambizione, troppa determinazione, più onestamente è stato tutto troppo bello per essere rimesso in discussione.
Questa è la realtà. Questo è il giorno in cui si interrompe il viaggio con la Robur Basket Saronno anche se alla sera il telefonino mi ricorda ancora il tragitto ed il tempo necessario per raggiungere il “Centro Ronchi”. Sono stato accolto come un figlio nella grande famiglia della Robur e per questo devo ringraziare Ezio, la sua dolce Paola e tutti gli altri amici che non posso nominare uno ad uno.
Non riesco a rassegnarmi all’idea che non salirò più quelle scalette, che non appoggerò più la borsa sulla panchina ospite e che non fischierò più per richiamare i giocatori al centro del campo per iniziare gli allenamenti. Non arriverò più due ore prima della partita a salutare Otello, Antonio e Carletto pronti a soddisfare ogni esigenza di tutti. Non più corridoi nei sotterranei del Ronchi da percorrere avanti ed indietro alla ricerca della concentrazione. Mi rimangono i mille fotogrammi, i mille ricordi, i mille frammenti vissuti insieme agli splendidi ragazzi che ho avuto il privilegio di allenare. Questa favola inizia un’anno fa, a San Vincenzo, un’afa insopportabile all’interno del palazzetto un caldo irreale fuori. Finita la finale, perso, seduto al chiosco, incredulo, come se non avessi vissuto le precedenti due ore della mia vita, come se ci fosse stato un buco in quall’assurdo catino. Cancellati contatti con gesti inconsulti, dopo essermi specchiato nella delusione più grande. Notte infame, notte insonne, sveglia all’alba e passeggiata lunghissima sul bagnasciuga toscano. Al ritorno in albergo un tavolo, i resti di una colazione, un amico che se ne va, un triste ritorno a casa.
Tuo figlio più grande che ti chiede perché avete perso e ti chiede di vincere l’anno prossimo e tu che ti tieni tutto dentro. Ma il bello della vita ed il bello del nostro Gioco è che c’è sempre un’altra possibilità.
Dopo un’estate lunga e difficile, finalmente si parte, in missione. La sconfitta al Trofeo Mariotti, poi la corsa tutta d’un fiato nel girone d’andata che non ha conosciuto sconfitte. Gli abbracci al gol di Minoli contro Bernareggio dopo la benedizione del Monsignore. Ogni partita era una festa, con i cori, il fischietto… ogni vittoria festeggiamenti come se si fosse vinto un mondiale, il tutto senza chiedersi perché, solo per la felicità genuina di stare insieme. Ma Caccia si rompe la mano e arriva la prima sconfitta, poi, dopo la settimana “simpatia”, le due vere imprese contro Cermenate e Lierna con le prime graffiate d’orgoglio. Poi arriva il Furla e si torna a correre, la coppa Italia a Rimini, dove ho capito e dichiarato che questo gruppo sarebbe arrivato fino in fondo. Il colpo a Olginate e la vittoria della regular season.
Si primi! Tutto bello, ma non abbiamo fatto niente, si resetta, e si parte da zero nei playoff , dove incrociamo il girone più forte e la facile vittoria iniziale ci fa alzare per la prima volte le mani dal manubrio. La sconfitta sotto il nubifragio ci dà al prima lezione. Le parole nello spogliatoio a Voghera:”Presi uno per uno siamo più deboli di tutti, ma insieme siamo i più forti”. Nella prima partita senza domani vinciamo con sicurezza, ormai sembra discesa e invece la sconfitta in casa contro Lierna in gara 1 di semifinale cambia tutto… Il razionale annotava che, per vincere il campionato, si sarebbero dovute vincere 4 partite su 5, ma le prime due bisognava vincerle di fila e la prima fuori casa, a Lierna, che ci aveva appena preso a schiaffi in casa nostra…
In quelle ore, in quella notte iniziava a singhiozzare il sognatore, i primi vagiti, i primi rifiuti ad arrendersi a qualcuno che diceva: “Anche quest’anno non si va in serie B e meno male…” Ecco che quando il razionale ed il pessimista potevano prendere il sopravvento…sono arrivati gli sguardi fieri dei sognatori che davanti ad un monitor si caricano gli uni gli altri e vanno per l’impresa a Lierna con Minoli che non riesce a scendere dalla macchina per la febbre. Quando compare per la prima volta lo striscione “forza robur senza paura”, i sognatori si comportano da uomini e riportano la serie a Saronno, dove nel tripudio si va in finale.
In finale i sognatori diventano eroi e ormai contro Piadena non ce n’è per nessuno, la macchina corre da sola, senza sosta. Troppo cattivi, troppo concentrati a Saronno. Si va a Piadena per l’apoteosi della partita perfetta. E’ serie B. La retina come trofeo, il sudore, i brindisi ed i sigari.
Abbiamo vinto perché non abbiamo giocato contro tutto e contro tutti, ma perché abbiamo giocato per noi stessi.Come tutte le storie più belle anche questa nasce da una delusione profonda, cresce velocemente e finisce all’improvviso senza un vero motivo. Si separano le strade, ma rimarranno per sempre nel mio cuore i sorrisi e gli abbracci nello spogliatoio di Piadena, la fierezza degli sguardi di ragazzi diventati uomini dopo aver raggiunto un traguardo meritato e la commozione di uomini ritornati bambini per un attimo, per una notte indimenticabile, quasi incredibile. Abbiamo fatto bene, abbiamo fatto tanto, anzi troppo. Abbiamo fatto il massimo. Forse la ragione induce a pensare che a volte è meglio fare il giusto, ma il sognatore non rinuncia, trattiene a stento le lacrime, piuttosto se ne va col cuore gonfio fino a scoppiare, ma a petto in fuori e a testa alta. Mi sarebbe piaciuto restare un anno in più, per far godere ancora questi ragazzi ma questa è la vita e questa è la pallacanestro di oggi, senza rimpianti e senza rancore.
Forza Robur senza paura!
Grazie di tutto
Paolo Piazza
01072016