Visto da Varese: Economia, un motore per l’Europa tra primati e debolezze
di EZIO MOTTERLE
Luci ma anche ombre sul panorama economico-sociale varesino, sospeso tra punti di forza ed elementi di debolezza, in un quadro comunque tra i più brillanti a livello nazionale per un territorio che superata l’emergenza pandemica intende rafforzare i suoi primati confermandosi tra i principali motori industriali dell’Europa. L’analisi, nel segno di un concreto realismo, è stata diffusa dall’ufficio studi dell’Unione industriali della provincia. Da una parte dunque una serie di fattori positivi: Varese è quarta dopo Milano, Torino e Roma nella classifica delle province per numero di addetti (11mila) impiegati in settori altamente tecnologici. Ha una forte propensione all’export (40,8% del valore aggiunto, contro una media lombarda del 36,1% e una nazionale del 30%), una spiccata vocazione manifatturiera testimoniata dall’elevata densità imprenditoriale (6,8 imprese per kmq contro 3,8 della media lombarda e 1,6 di quella italiana) con valore aggiunto sul totale delle attività economiche locali pari al 27,5% (superiore sia al dato regionale del 20,5% che nazionale del 16,7%). C’è poi una multi-distrettualità che garantisce primi posti assoluti per forza lavoro impiegata in trenta nicchie produttive di eccellenza. E infine un’elevata ricchezza con patrimonio pro-capite di oltre 181mila euro contro una media italiana di 157mila, oltre alla forte dotazione infrastrutturale garantita dalla presenza dell’aeroporto di Malpensa e di importanti terminal multimodali. Ci sono poi, però, alcuni punti di fragilità: bassa percentuale di imprese che investono in tecnologie digitali (34esimo posto tra le province); perdita di velocità dell’export rispetto al trend nazionale; ridimensionamento della pur elevata incidenza della manifattura sull’economia e conseguente perdita di tre posizioni (da ottava a undicesima) nella classifica delle province per valore aggiunto manifatturiero; smagliatura di alcune filiere produttive come il tessile-abbigliamento che in vent’anni ha perso il 57% di addetti; discesa di 14 posizioni nella classifica del valore aggiunto pro-capite; criticità infrastrutturali rappresentate proprio dal futuro di Malpensa e dalla congestione della rete autostradale; progressivo invecchiamento della popolazione e trend demografico con calo delle nascite pari al 26% in un decennio. Che fare? L’esigenza resta quella di un impegno unitario territoriale per cogliere al meglio le opportunità di rilancio. Che restano ampiamente a portata di mano, offrendo – in prospettiva – più luci e meno ombre.